Dopo quasi due anni, esattamente 22 mesi, l’attivista egiziano Patrick Zaki viene scarcerato, in attesa della prossima udienza fissata per il 1 febbraio prossimo. Al momento lo studente dell’Università di Bologna non è ancora stato assolto dalle accuse, fra le quali quelle di minaccia alla sicurezza nazionale e incitamento alle proteste.
Di seguito le tappe della lunga vicenda giudiziaria, iniziata nel febbraio del 2020:
Zaki lascia Bologna per tornare a Mansura, in Egitto, per fare visita ai parenti. Atterrato all’aeroporto del Cairo viene catturato da agenti dei servizi segreti. Nessuno ha sue notizie per 24 ore, fino a che viene riferito il suo arresto. I capi d’accusa sono minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di false notizie, propaganda per il terrorismo. Secondo il suo legale è stato interrogato e torturato per 17 ore consecutive.
Un flashmob per chiedere la liberazione di Zaki si svolge in piazza Maggiore a Bologna. E’ il primo di una lunga serie di inizative a favore della scarcerazione dell’attivista. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, per il tramite dell’ambasciata al Cairo segue da vicino e sin dal primo momento il caso.
Anche l’Unione Europea segue il caso: “Tramite i colleghi alla delegazione del Cairo stiamo facendo le necessarie valutazioni e, se sarà necessario, intraprenderemo azioni adeguate”, fa sapere un portavoce.
Un tribunale egiziano respinge la richiesta di scarcerazione presentata dai legali di Zaki, che rimane in carcere.
Il procuratore generale dell’Egitto nega che la polizia abbia torturato Zaki. Come prove contro l’attivista, l’agenzia di sicurezza nazionale fornisce 10 pagine stampate dal suo account Facebook, su cui si legge il suo nome: la dichiarazione le descrive come “materiale incendiario contro le istituzioni e i rappresentanti dello Stato”.
Il tribunale di Mansura decide di prolungare per altri 15 giorni la permanenza in carcere di Patrick. Il 5 marzo viene trasferito nel carcere di Tora al Cairo.
Il tribunale competente rinnova la detenzione preventiva di Zaki fino alla successiva udienza, prima posticipata al 21 marzo e poi più volte a causa della pandemia di Covid-19 in corso. La detenzione preventiva è stata più volte prolungata per periodi successivi prima di 15 giorni, e poi di 45 giorni.
“Cari, sto bene e in buona salute, spero che anche voi siate al sicuro e stiate bene. Famiglia, amici, amici di lavoro e dell’università di Bologna, mi mancate tanto, più di quanto io possa esprimere in poche parole”. Lo scrive in una lettera alla sua famiglia Patrick Zaki. “Spero che stiate tutti bene e che il Coronavirus non abbia colpito nessuno dei nostri cari. Un giorno sarò libero e tornerò alla normalità, e ancora meglio di prima”, aggiunge.
Sono passati sei mesi da quando Patrick è in stato di detenzione preventiva in Egitto. “Sei lunghissimi mesi senza che un tribunale abbia analizzato le accuse infondate contro di lui e basate su 10 post pubblicati su Facebook. Dal giorno del suo arresto, insieme a decine di migliaia di persone stiamo chiedendo la liberazione di Patrick Zaky: è un prigioniero di coscienza, in carcere solo per il suo attivismo in favore dei diritti umani”, denuncia Amnesty International, che organizza per un Twitter storm con cui alzare la pressione sul governo del Cairo a favore della liberazione dell’attivista.
Le autorità egiziane arrestano un altro membro della ong egiziana Eipr per i diritti umani, con cui aveva collaborato anche Zaki. Si tratta del direttore Gasser Abdel Razek, per il quale due giorni dopo vengono disposte due settimane di carcere con l’accusa di essersi unito a un gruppo terroristico, di aver diffuso false dichiarazioni per minare la sicurezza pubblica e di aver utilizzato Internet per pubblicare notizie false.
Sul caso interviene anche l’attrice hollywoodiana Scarlett Johansson che chiede in un video su YouTube la liberazione di zaki e di altri tre attivisti dell’Eipr arrestati in Egitto.
Patrick incontra la madre nella prigione di Tora e le dice di essere “fisicamente e mentalmente esausto”. La madre è sconvolta, lo vede “depresso” e chiede “a ogni persona responsabile e a chi prende le decisioni di rilasciare immediatamente Patrick. Restituiteci nostro figlio e restituiteci tutte le nostre vite”.
Patrick Zaki riceve la cittadinaza onoraria di Bologna.
E’ passato un anno dal giorno dell’arresto. La politica italiana e gli attivisti continuano a chiedere la sua liberazione.
Il Senato vota a favore della cittadinanza onoraria italiana a Zaki.
Dopo un anno e sette mesi di detenzione preventiva, Zaki va a processo. Si svolge la prima udienza che viene aggiornata al 28 settembre.
Seconda udienza e secondo rinvio: il processo riparte il 7 dicembre. “Un rinvio lunghissimo, che sa di punizione. Quel giorno saranno trascorsi 22 mesi dall’arresto: 22 mesi di crudeltà e sofferenza inflitte a Patrick Zaki, ma anche di grande resistenza da parte sua”, scrive su Twitter Riccardo Noury portavoce di Amnesty Italia
Dopo quasi due anni di rinvii e rinnovi del periodo di tenzione, al termine della terza udienza viene deciso che Zaki sarà scarcerato, ma non assolto dalle accuse. Dovrà comparire nuovamente in tribunale il prossimo 1 febbraio.