Si alza ancora la tensione sulle forniture di gas all’Europa. Il presidente russo Vladimir Putin ha dato mandato al Governo, alla Banca centrale e a Gazprom di richiedere il pagamento in rubli entro fine mese, cioè giovedì. Una scadenza cui il ministro dell’Energia della Germania, Robert Habeck, ha reagito affermando che per i paesi del G7 la richiesta è “inaccettabile”, e il Cremlino ha controbattuto che non “è possibile o ragionevole fare la carità all’Europa”. L’annuncio della Commissione europea di venerdì sull’aumento delle forniture di gas dagli Stati Uniti – alternativa alla dipendenza russa – passa per ora in secondo piano.
Attualmente la Russia fornisce all’Unione 150 miliardi di metri cubi di gas all’anno, mentre con i nuovi accordi sul Gnl gli Usa passerebbero ad esportarne 37 miliardi, dagli attuali 22. Finora la Russia non ha interrotto le forniture, ma la situazione potrebbe cambiare tra pochi giorni. Il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, ha spiegato però a LaPresse che la richiesta russa “è paradossale e surreale, difficile da attuare”. Si tratta in primo luogo di “una risposta alle sanzioni europee, parte di un’escalation nelle relazioni fra Europa e Putin” ma è “difficilissimo che possa portare a qualcosa di concreto”. Un segnale evidente di questo aumento delle tensioni si trova nella “forte dipendenza che la Russia ha nei confronti delle esportazioni”, sottolinea il presidente di Nomisma Energia. Ciò può trasformarsi in uno strumento di diplomazia da entrambe le parti, e un elemento che porterà a “un contenzioso, un arbitrato ma è qualcosa di concreto, che riguarda relazioni economiche”.
Nel frattempo le compagnie petrolifere ed energetiche, che non hanno rubli a disposizione, si troverebbero nella condizione di non poter più comprare gas russo. L’Eni, per esempio, ha già detto di no. Una possibile arma negoziale che il Cremlino potrebbe impiegare per sbloccare le sanzioni, ma Tabarelli ritiene “difficile” che la Russia “possa farcela”. Si tratterebbe perlopiù di “grandi minacce” e “grandi propositi” ma “la cosa più probabile è che “i flussi continuino, nessuno chiuda i tubi”.
L’accordo con gli Stati Uniti, soprattutto in Italia, non rappresenta una risposta sufficiente alle minacce avanzate dalle Russia. Come spiega a LaPresse Francesco Ferrante, vicepresidente di Kyoto Club, “in prospettiva, in questo momento va bene tutto e prendiamo il gas americano” ma l’approvvigionamento dagli Usa “presenta qualche problema – osserva Ferrante – gli americani possono aumentare la quantità di gas liquido che indirizzano verso l’Europa, ma non è assolutamente sufficiente rispetto a quello che importiamo dalla Russia”.
All’Italia servono forme strutturali di uscita dalla dipendenza dal gas russo, mentre gli Stati Uniti “possono aumentare di qualche decina di miliardi di metri cubi”, quando l’Italia importa “tra 28 e 29 miliardi di metri cubi di gas: anche ammesso che facciamo ricorso alle navi che Snam potrebbe comprare per rendere immediatamente disponibili alla rigassificazione, parliamo di qualche miliardo”, osserva Ferrante. Insomma, “la quantità che ci può arrivare dagli Stati Uniti è ancora piuttosto ridotta”, anche se i rigassificatori in funzione operassero al massimo delle loro potenzialità e si aggiungessero le navi che Snam punta a comprare.