Le Ong criticano il decreto di Palazzo Chigi sulle nuove norme di soccorso in mare: "A pagare saranno le persone, ci sentiamo criminalizzati"

“Non sta a noi guardare nello specifico questo decreto, siamo sempre in contatto con le autorità italiane”, ma “indipendentemente da quello che l’Italia fa attraverso il decreto o leggi specifiche su questo”, le autorità italiane “devono rispettare le leggi internazionali e la legge del mare“. Così una portavoce della Commissione Ue, Anitta Hipper, rispondendo a una domanda relativa al decreto del governo italiano sulle ong che prestano soccorso in mare e sulla reazione delle ong, che oggi in una nota congiunta hanno criticato il decreto sostenendo che “contraddice i diritti internazionali del mare, umani ed europei, e dovrebbe quindi innescare una forte reazione”.

Salvare vite in mare è un dovere morale oltre che un obbligo legale e, come abbiamo ripetutamente detto in passato, questo viene fatto indipendentemente dalle circostanze che hanno portato le persone a essere in difficoltà in mare”, ha detto ancora la portavoce della Commissione Ue. “Le nostre regole sulla richiesta di asilo e sul diritto di avervi un accesso efficace” prevedono che “cittadini di Paesi terzi presenti sul territorio di uno Stato membro, anche in acque territoriali, possono presentare richiesta di asilo”, ha ricordato Anitta Hipper.

Ong: “Con nuove norme Italia a pagare saranno le persone”

“Il vero prezzo sarà pagato da persone in fuga attraverso il Mediterraneo centrale e che si trovano in situazioni di angoscia”. In una nota congiunta le Ong esprimono “le più gravi preoccupazioni in merito all’ultimo tentativo di un governo europeo di farlo ostacolare l’assistenza alle persone in pericolo in mare”. “Un nuovo decreto legge, firmato dal Presidente della Repubblica il 2 gennaio 2023, ridurrà le capacità di soccorso in mare e quindi renderà il Mediterraneo centrale, una delle migrazioni più letali del mondo percorsi, ancora più pericoloso. Il decreto prende apparentemente di mira le Ong sar, ma il vero prezzo sarà pagato da persone in fuga attraverso il Mediterraneo centrale e che si trovano in situazioni di angoscia”. 

“Gli Stati membri dell’Europa, in particolare l’Italia, hanno tentato per anni di ostacolare attività civili di Sar attraverso la diffamazione, le vessazioni amministrative e la criminalizzazione delle Ong e attivisti”. Lo scrivono le Ong in una nota congiunta. “Dal 2014, le navi di soccorso civile stanno colmando il vuoto che gli Stati europei hanno deliberatamente lasciato dopo aver interrotto le loro operazioni sar guidate dallo Stato. Le Ong hanno svolto un ruolo essenziale nel riempimento questa lacuna e prevenire la perdita di più vite in mare, pur rispettando costantemente la legge applicabile”, sottolineano.

“Il governo italiano ha introdotto un insieme di regole per navi civili Sar, che ostacolano le operazioni di soccorso e mettono le persone in difficoltà ulteriormente a rischio – si legge nel testo – Tra le altre regole, il governo italiano richiede che le navi di soccorso civile si dirigano immediatamente verso Italia dopo ogni salvataggio. Ciò ritarda ulteriori operazioni di salvataggio, come di solito fanno le navi più salvataggi nel corso di diversi giorni. Incaricare le Ong Sar di procedere immediatamente in porto, mentre altre persone sono in pericolo in mare, contraddice l’obbligo di resa del capitano assistenza immediata alle persone in difficoltà, come sancito dall’Unclos”.”Questo elemento del decreto è aggravato dalla recente politica di assegnazione del governo italiano ‘porti lontani’ più frequentemente, che possono essere distanti fino a quattro giorni di navigazione di una nave – evidenziano le Ong – Entrambi i fattori sono progettati per tenere le navi Sar fuori dall’area di soccorso per periodi prolungati e ridurre la loro capacità di assistere le persone in difficoltà.

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