Il testo, che sblocca l'utilizzo di 680 milioni di euro in favore dell'impianto e introduce il discusso scudo penale, passa a Montecitorio

L’Aula del Senato ha approvato il decreto recante misure urgenti per impianti di interesse strategico nazionale, il cosiddetto dl Ilva, con 78 voti favorevoli, 57 contrari e 7 astenuti. Il testo passa ora alla Camera. Approvato il 5 gennaio dal Governo, il decreto deve essere convertito in legge entro il 6 marzo

Cosa contiene il testo

Il testo introduce diverse novità che – pur valendo per tutti i siti di interesse strategico – riguardano l’Ex Ilva molto da vicino. 

RAFFORZAMENTO PATRIMONIALE – L’articolo 1, che riguarda le misure per il rafforzamento patrimoniale, disegna già la prima, sostanziale, modifica: lo Stato può sottoscrivere aumenti di capitale sociale o finanziamenti in conto soci anche se sullo stabilimento in questione gravano provvedimenti di sequestro o confisca degli impianti. Recita infatti il testo: “Anche in costanza di provvedimenti di sequestro o confisca degli impianti dello stabilimento siderurgico, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.-Invitalia è autorizzata a sottoscrivere, aumenti di capitale sociale o finanziamento in conto soci secondo logiche, criteri e condizioni di mercato, da convertire in aumento di capitale sociale su richiesta della medesima, sino all’importo complessivamente non superiore a 1miliardo di euro”. Nel caso dell’Ilva quindi significa che Invitalia – socio pubblico con il 38% del capitale di Acciaierie d’Italia – può procedere con aumenti di capitale anche prima che si verifichi il dissequestro degli impianti dell’area a caldo.

AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA – Subito dopo, all’articolo 2, prende corpo la seconda novità di rilievo che rafforza il ruolo dello Stato nella gestione degli impianti chiave. Il decreto prevede infatti che si possa attivare l’ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria con nomina di un commissario, nel caso in cui, dopo che il socio pubblico ha segnalato all’organo amministrativo della società la presenza dei presupposti dello stato di insolvenza, la società non inoltri istanza al ministero delle Imprese e del made in Italy entro 15 giorni. Nel testo si legge infatti: “Nei casi di società partecipate dallo Stato, ad eccezione di quelle quotate, l’ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria di imprese che gestiscono uno o più stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale” può avvenire quando il socio pubblico, che abbia almeno il 30% delle quote, “abbia segnalato all’organo amministrativo la ricorrenza dei requisiti di cui all’articolo 1 e l’organo amministrativo, ricorrendo i suddetti requisiti, abbia omesso di presentare l’istanza di cui al comma 1 entro i successivi quindici giorni”. Anche nel caso dell’Ilva quindi Invitalia – avendo più del 30% – avrebbe la possibilità di far scattare la procedura di As.

LE RISORSE – Il decreto libera poi risorse specificamente destinate all’ex Ilva, che ammontano a oltre 1 miliardo. Sempre l’articolo 1 infatti sblocca i 705 milioni previsti con il decreto legge del 16 dicembre 2019 (poi convertito in legge il 7 febbraio 2020). Secondo l’accordo con Arcelor Mittal e AdI, illustrato dal ministro Urso nel corso del Cdm del 5 gennaio, saranno utilizzati 680 milioni, impiegati ora come finanziamento in conto soci “secondo logiche, criteri e condizioni di mercato” e potranno essere convertiti “in aumento di capitale sociale su richiesta” di Invitalia, già da subito. A questi 680 milioni, che serviranno far fronte alla crisi di liquidità di Acciaierie d’Italia e per ridurre la pesante esposizione debitoria nei confronti di Eni e Snam, si somma poi il miliardo del dl aiuti bis varato dal governo Draghi, insieme alle risorse previste per il Dri e il Just transition fund.

DISCIPLINA PENALE –  Il decreto interviene anche in materia di disciplina penale. Innanzitutto, prevede che, nel caso di un ente di interesse strategico nazionale, il giudice non possa emanare una sanzione interdittiva se determina uno stop all’attività produttiva. Dovrà invece nominare un commissario e incaricarlo della gestione dell’ente. E viene introdotta inoltre una seconda specifica: in ogni caso, l’autorità giudiziaria non può disporre “sanzioni interdittive” se “pregiudicano la continuità dell’attività svolta in stabilimenti industriali o parti di essi dichiarati di interesse strategico nazionale”, a patto che l’ente abbia “eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l’adozione e l’attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi”. Anche nel caso dei sequestri, se riguardano “stabilimenti industriali o parti di essi dichiarati di interesse strategico nazionale impianti o infrastrutture necessari ad assicurarne la continuità produttiva”, il giudice “dispone la prosecuzione dell’attività avvalendosi di un amministratore giudiziario”. Ma ad occupare il centro dei dibattiti – e delle polemiche – è l’articolo 7 che reintroduce una nuova forma di ‘scudo penale’ (rimosso nel 2019 dal Governo Conte I). “Chiunque agisca al fine di dare esecuzione ad un provvedimento che autorizza la prosecuzione dell’attività di uno stabilimento industriale o parte di esso dichiarato di interesse strategico nazionale – si legge nel decreto – non è punibile per i fatti che derivano dal rispetto delle prescrizioni dettate dal provvedimento dirette a tutelare i beni giuridici protetti dalle norme incriminatrici, se ha agito in conformità alle medesime prescrizioni”.

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