Baltasar Garzón, intervistato da LaPresse, porta avanti una battaglia legale per evitare l'estradizione negli Stati Uniti del suo assistito

Baltasar Garzón, avvocato di Julian Assange, continua a portare avanti una battaglia legale per evitare l’estradizione negli Stati Uniti del suo assistito. Negli Usa, infatti, Assange affronta una serie di accuse per la pubblicazione da parte di Wikileaks di una grande quantità di documenti classificati. “Spero che il presidente degli Stati Uniti rifletta su questa questione, che è di portata globale: so che in qualche modo sono molto feriti da Wikileaks e Julian Assange. Ma Wikileaks e Julian Assange non sono spie, non sono spie degli Stati Uniti, tutto quello che hanno fatto è stato esercitare il lavoro di giornalisti”, ha detto Garzón a LaPresse. “Non è la ricerca del messaggero la soluzione agli eventuali problemi che si sono prodotti all’interno dell’amministrazione stessa e delle istituzioni per azioni che dal mio punto di vista erano chiaramente illegali in Iraq e in altri punti di intervento degli Stati Uniti in conflitti. Tutto ciò che Julian Assange ha fatto è stato diffondere fatti molto gravi, quindi è assolutamente protetto dai relativi emendamenti statunitensi, e al contrario l’applicazione dell’Espionage Act è un assoluto sproposito”, ha spiegato ancora Garzón, parlando di “persecuzione politica di un giornalista”. Gli “interessi politici sono senza dubbio quelli che sono stati in prima linea in questo processo fin dall’inizio. La situazione di Julian è molto delicata, nessuna persona può sopportare quello che sta sopportando quest’uomo, dall’ultimo trimestre del 2010 ha perso la sua libertà fino a oggi, cioè sono già passati 13 anni e non c’è ancora una decisione nel suo processo, quindi speriamo che la giustizia britannica ascolti le richieste che vengono fatte e neghi l’estradizione e lui possa tornare alla sua famiglia e all’esercizio della sua professione di giornalista”, ha concluso l’avvocato difensore.

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