La sicurezza del mezzo di OceanGate è al centro delle polemiche, alcuni dubbi erano stati sollevati già nel 2018
Dell’implosione del sommergibile Titan la Marina degli Stati Uniti si era accorta poco dopo la notizia della sua sparizione. I microfoni subacquei progettati per rilevare i sottomarini nemici erano entrati in funzione appena si erano persi i contatti con il sommergibile e poche ore dopo avevano registrato un rumore compatibile con l’implosione. Se le dinamiche della tragica fine delle 5 persone a bordo sono note, resta da capire cosa abbia provocato la “catastrofica perdita della camera di pressione”, come l’ha definita la Guardia costiera, man mano che il sommergibile si avvicinava al relitto del Titanic.
Un’indagine ufficiale non è ancora stata aperta e si sta cercando di capire chi abbia l’autorità per farlo. Il Titan, infatti, è imploso in acque internazionali e nonostante sia stata la Guardia Costiera statunitense a guidare le ricerche e la OceanGate, società proprietaria del Titan, abbia sede negli Stati Uniti, il sommergibile era registrato alle Bahamas e la sua nave madre, la Polar Prince, era canadese. Le persone a bordo poi provenivano da Inghilterra, Pakistan, Francia e Stati Uniti. A rendere ancora più complicata l’inchiesta è il fatto che il Titan non fosse registrato come nave statunitense o presso le agenzie internazionali che regolano la sicurezza. E non compare nemmeno negli elenchi dei mezzi certificati secondo standard che regolano questioni come la costruzione dello scafo.
A chiedere a gran voce che si faccia chiarezza sulla vicenda sono i familiari delle vittime Stockton Rush, ceo della società OceanGate, Shahzada Dawood e suo figlio Suleman Dawood, membri di una facoltosa famiglia pakistana, l’avventuriero britannico Hamish Harding e l’esperto di Titanic Paul-Henri Nargeolet. Ma anche la Titanic International Society, organizzazione no-profit che preserva la storia del Titanic, ha chiesto l’apertura di un’indagine e il suo presidente, Charles Haas, ha aggiunto: “È giunto il momento di considerare seriamente se i viaggi umani verso il relitto del Titanic debbano terminare in nome della sicurezza, dato che è rimasto relativamente poco da imparare da o sul relitto”.
La sicurezza del sommergibile è infatti al centro delle polemiche. Dopo l’ex manager di OceanGate David Lochridge, che aveva sollevato dubbi già nel 2018, secondo cui il Titan non era sicuro se utilizzato a profondità superiori di 1300 metri, anche il regista James Cameron ha espresso perplessità sulla tenuta dello scafo costruito in fibra di carbonio. “Non si usano materiale compositi per le navi che subiscono una pressione esterna”, ha spiegato, aggiungendo che “uno degli aspetti più tristi di questa vicenda è quanto fosse davvero evitabile”, come, ironia della sorte, nel caso del Titanic. Questi avvertimenti, tra cui anche quelli di esperti come Rob McCallum, sarebbero però stati ripetutamente respinti da Rush, poi morto nell’incidente. Nelle mail visionate dalla Bbc, il ceo di OceanGate parla di “bugie infondate” da parte di “operatori del settore” che stavano cercando di impedire ai “nuovi concorrenti di entrare nel loro piccolo mercato esistente”. A difendere Rush è intervenuto il co-fondatore di OceanGate, Guillermo Sohnlein: “Era un ingegnere di talento, una persona molto intelligente e un esploratore appassionato. Ma soprattutto era ben consapevole dei rischi che si corrono operando a queste profondità ed era molto impegnato sul fronte della sicurezza”.
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