L'arcivescovo di Bologna e presidente della Cei chiede il rilascio dei prigionieri di guerra e il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia
Il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, è a Mosca. Dopo la visita a Kyiv, in Ucraina il 5 e 6 giugno, ora – come già annunciato – è il turno della capitale russa, laddove nei giorni scorsi si sono verificate forti tensioni, con la ribellione della Wagner che hanno fatto temere una guerra civile. Zuppi è accompagnato da un officiale della Segreteria di Stato in un viaggio il cui scopo principale – spiega la Santa Sede – “è incoraggiare gesti di umanità” che possano “contribuire a favorire una soluzione alla tragica situazione attuale e trovare vie per raggiungere una giusta pace“.
Nel cuore di Zuppi due le questioni prioritarie: il rilascio dei prigionieri di guerra e il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia. Nella prima parte della sua missione di diplomazia umanitaria, il presidente della Conferenza episcopale italiana aveva incontrato i massimi esponenti del governo ucraino, dal presidente Zelensky alla vicepremier Iryna Vereshchuk, compresi tutti i referenti per le questioni umanitarie. Ora tocca alla Russia. Nulla è dato sapere, almeno al momento, di quale sia il programma del cardinale a Mosca e, soprattutto, quali personalità incontrerà. Se in Ucraina ha avuto un colloquio con Zelensky, adesso resta l’incognita, soprattutto in questo difficile frangente, sulla possibilità di incontrare Putin. Di certo, sarebbe significativo un colloquio con il patriarca ortodosso Kirill, da sempre vicino al presidente russo. Quella del presidente della Cei, come ha più volte ribadito anche il segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin, non ha “come scopo immediato la mediazione” ma ha l’obiettivo di “cercare di favorire un ambiente che possa portare a percorsi di pace”.
Un desiderio, questo, che si scontra con le posizioni di Kiev. “Non abbiamo bisogno di mediazioni“, è il netto commento del capo dell’ufficio del presidente dell’Ucraina Andriy Yermak. “I negoziati a Mosca possono avere senso solo se riesce a garantire il rilascio dei bambini prigionieri e deportati illegalmente”, ha ribadito Yermak. La stessa linea del presidente Zelesky che, subito dopo il faccia a faccia con Papa Francesco, ha voluto rimarcare: “Con tutto il rispetto per Sua Santità, noi non abbiamo bisogno di mediatori, noi abbiamo bisogno di una pace giusta“. Una pace giusta che sembra difficile da raggiungere.
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