Il presidente degli Stati Uniti ha annunciato 100 milioni di dollari di nuovi finanziamenti per l'assistenza umanitaria sia nella Striscia che in Cisgiordania
Mentre l’indignazione del mondo arabo cresceva attorno a Israele dopo l’esplosione all’ospedale Al-Ahli di Gaza, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha visitato Israele per esprimere la sua vicinanza al governo di Benjamin Nethanyau e per difendere l’esercito israeliano dalle accuse. “Sembra che sia stata effettuata dall’altra parte e non da voi”, ha detto, assicurando di parlare dopo aver visto “i dati che mi sono stati mostrati dal mio Dipartimento della Difesa”. Versione che sarebbe confermata anche da un video e da un’intercettazione telefonica tra due membri di Hamas, entrambi resi noti dall’esercito israeliano. Nell’audio si sente una voce dire: “Ti sto dicendo che questa è la prima volta che vediamo un missile come questo cadere. E quindi è per questo che diciamo che appartiene alla Jihad islamica palestinese”. Una seconda voce risponde “Viene da noi?” e il suo interlocutore replica: “Sembra di sì! L’hanno sparato dal cimitero dietro l’ospedale, il lancio ha fatto cilecca ed è caduto su di loro”.
Prove che non convincono l’Onu, che ha fatto sapere che “le circostanze di questa catastrofe e le responsabilità devono ancora essere chiarite”, e che hanno fatto infuriare il mondo arabo e i suoi alleati. Hamas ha respinto ogni accusa e ha fatto sapere di poter dimostrare che la responsabilità è di Israele, senza specificare però se e quando lo farà. Mentre il ministero della Sanità palestinese fa sapere che sono almeno 471 i morti accertati, il vescovo anglicano di Gerusalemme, Hosam Naoum, ha raccontato che l’ospedale, gestito dalla Chiesa episcopale, aveva ricevuto almeno tre ordini di evacuazione da parte dei militari israeliani prima dell’esplosione di martedì sera. Ordini a cui il personale sanitario si era rifiutato di ubbidire. Secondo Naoum, l’esercito israeliano aveva telefonato più volte a partire da domenica, dopo che alcuni bombardamenti avevano già colpito due piani dell’ospedale.
La situazione umanitaria a Gaza intanto è sempre più drammatica. “Stiamo operando le persone senza anestesia, nei corridoi e nelle stanze. Non esistono più le sale operatorie sterilizzate”, racconta a LaPresse Mahmod Abu Sabha, assistente medico anestesista che si trova a Gaza, “gli ospedali sono pieni di bambini a cui sono stati amputati gli arti. È iniziato il conto alla rovescia, siamo vicini alla paralisi di tutti gli ospedali”.
“La popolazione di Gaza ha bisogno di cibo, medicine e acqua”, ha concordato Joe Biden, annunciando 100 milioni di dollari di nuovi finanziamenti per l’assistenza umanitaria sia a Gaza che in Cisgiordania. Biden è riuscito anche a strappare a Netanyahu il lasciapassare per i beni di prima necessità dall’Egitto alla Striscia, passando dal valico di Rafah dove da giorni sono bloccati. Allo stesso tempo il presidente Usa ha promesso a Nethanyau sostegno eterno – “Gli Stati Uniti sono al fianco di Israele, oggi, domani e sempre“, la sua promessa – e aiuto per riportare a casa gli ostaggi, il cui rilascio “è la massima priorità”. Biden ha anche annunciato un pacchetto di aiuti per la difesa destinato a Israele “senza precedenti”, ma ha messo in guardia il premier Netanyahu dal commettere gli stessi errori commessi dagli Stati Uniti dopo l’11 settembre, quando “molti americani erano consumati dalla rabbia”.
Quella stessa rabbia che è esplosa in varie piazze arabe, dopo la strage dell’ospedale di Gaza. In Egitto sono stati soprattutto gli studenti a scendere in strada per esprimere sostegno ai palestinesi. Assalti e scontri si sono verificati invece in Giordania e in Libano, vicino alle ambasciate d’Israele ad Amman e degli Stati Uniti a Beirut, costringendo le forze dell’ordine locali a intervenire. Il gruppo miliziano libanese Hezbollah ha avvisato: “Ci sono decine di migliaia di nostri sostenitori pronti a combattere”. Motivo per cui, tra gli altri, l’Arabia Saudita ha invitato i suoi connazionali a lasciare il Libano al più presto. Bandiere palestinesi hanno sventolato anche in Tunisia, Libia e Yemen, mentre cori contro “il regime sionista” e tensioni crescenti hanno costretto Tel Aviv a far evacuare le sue ambasciate in Marocco ed Egitto. Il timore più grande è una possibile rivolta in Cisgiordania, dove Hamas ha incitato i palestinesi a “sollevarsi contro il nemico sionista e a scontrarsi con esso in tutte le città, i villaggi e i campi”.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata