Ucciso in un raid a Damasco il capo dell'intelligence dei Pasdaran in Siria

Il dibattito sulla soluzione a due Stati per il conflitto fra Israele e Hamas rende sempre più tesi i rapporti fra Benjamin Netanyahu e Joe Biden. Il premier israeliano ha smentito un’indiscrezione della Cnn secondo cui, nel colloquio con il presidente americano avvenuto venerdì, non avrebbe escluso a priori la creazione di uno Stato palestinese. Il primo ministro dello Stato ebraico ha infatti ribadito che “l’indipendenza palestinese si scontra con la necessità di sicurezza di Israele di controllare la Striscia di Gaza“. Anche Hamas ha spiegato di non credere alla mediazione di Joe Biden: secondo l’organizzazione palestinese il presidente americano “vende illusioni” ma “inganna il nostro popolo”. Biden, a dire di Hamas, “è un partner a pieno titolo nella guerra del genocidio, e il nostro popolo non si aspetta nulla di buono da lui“. Contro Netanyahu si è schierato anche il Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, secondo cui “il rifiuto di accettare la soluzione dei due Stati per israeliani e palestinesi e la negazione del diritto alla statualità per il popolo palestinese sono inaccettabili“.

Proteste a Tel Aviv: “Netanyahu dimettiti”

Sul fronte interno la spina nel fianco di Netanyahu restano gli ostaggi ancora prigionieri nella Striscia di Gaza. In serata migliaia di manifestanti si sono radunati a Tel Aviv per chiedere le sue dimissioni proprio partendo da questo tema accusandolo di scarso impegno. Secondo il New York Times inoltre l’esercito israeliano giudica al momento “incompatibili” gli obiettivi di liberare gli ostaggi e distruggere Hamas indicando la via diplomatica come l’unica percorribile per riportare a casa le oltre cento persone attualmente recluse nella Striscia di Gaza. Una ricostruzione che l’Idf ha respinto con una nota ufficiale ma anche Hamas, tramite il vice capo del Politburo, Musa Abu Marzouk, si è detta convinta che “alla fine, Israele sarà costretto a fare un accordo”.

 

 

Ucciso capo intelligence dei Pasdaran in Siria

Lo Stato ebraico ha proseguito inoltre i suoi raid extra-territoriali colpendo tramite droni un veicolo nei pressi di Tiro, in Libano, e uccidendo due appartenenti ad Hezbollah. A far aumentare il rischio escalation è però quanto accaduto in Siria dove in un raid su un edificio residenziale di Damasco sono rimasti uccisi cinque esponenti dei Pasdaran iraniani fra cui il capo dell’intelligence del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie in territorio siriano. Teheran ha incolpato direttamente Israele, che dal canto suo non ha rivendicato l’accaduto. “È un atto criminale e aggressivo del regime sionista“, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Nasser Kanaani, precisando che l’Iran ” si riserva il diritto di rispondere al momento e nel luogo appropriati”.

 

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