E' il peggior bilancio giornaliero per l'Idf dall'inizio del conflitto
Israele vive il giorno più drammatico dallo scorso 7 ottobre. Un vero e proprio ‘lunedì nero’ con 24 soldati uccisi nella Striscia di Gaza, 21 in un’unica azione effettuata da Hamas che ha lanciato un razzo verso un gruppo di militari che stavano preparando degli esplosivi per demolire due edifici nel centro di Gaza. Altri tre sono deceduti nei combattimenti in corso a Khan Younis, dove l’Idf ha concentrato le sue operazioni. “Abbiamo vissuto uno dei giorni più difficili dallo scoppio della guerra e piango per i nostri eroici soldati caduti – ha affermato il premier Benjamin Netanyahu – nel nome dei nostri eroi non smetteremo di lottare fino alla vittoria assoluta”.
Yoav Gallant: “Dobbiamo raggiungere gli obiettivi della guerra”
Il ministro della Difesa, Yoav Gallant, dal canto suo ha sottolineato che “la caduta dei combattenti impone di raggiungere gli obiettivi della guerra”. Intanto una testimonianza alla Knesset di due donne ex ostaggi di Hamas ha portato alla luce l’orrore della prigionia. Aviva Siegel ha parlato di violenze sessuali sia sulle donne che sugli uomini che si trovano nei tunnel sotto Gaza. La donna ha detto che alle ragazze vengono consegnati vestiti “inappropriati” da “bambole” con cui i miliziani “possono fare ciò che vogliono”. Mentre i familiari degli ostaggi continuano a chiedere a gran voce sforzi per la loro liberazione fra Hamas e Israele restano ampie le distanze in merito a un possibile cessate il fuoco.
L’impegno della Casa Bianca
La Casa Bianca ha detto che gli Stati Uniti sono impegnati in “discussioni serie” per ottenere una pausa umanitaria e anche il Qatar e l’Egitto stanno proseguendo nella loro opera di mediazione ma, al momento, non si vedono risultati concreti. Secondo quanto è trapelato dal Cairo infatti Hamas avrebbe rifiutato la proposta israeliana di due mesi di cessate il fuoco e liberazione dei detenuti palestinesi in cambio del rilascio degli ostaggi. Hamas avrebbe risposto chiedendo uno stop permanente all’operazione militare e il ritiro delle truppe israeliane. Il governo dello Stato ebraico è rimasto fermo sulla sua posizione ribadendo che Israele non accetterà nessuna intesa che comprenda la permanenza di Hamas alla guida della Striscia di Gaza.
Sergei Lavrov: “Rapida fine dello spargimento di sangue”
Sulla situazione è intervenuto anche il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, che ha incontrato a New York l’omologo palestinese Riyad al-Maliki. Il capo della diplomazia russa ha sottolineato l’importanza di una “rapida fine dello spargimento di sangue” e la ripresa del processo di pace sulla base della risoluzione che prevede “la creazione dello Stato di Palestina entro i confini della capitale a Gerusalemme Est del 1967, che viva in pace e sicurezza con Israele”. Anche nel Mar Rosso, dove gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno proseguito i loro raid, la situazione resta bollente. I ribelli Houthi hanno affermato che le azioni di Londra e Washington non rimarrano “impunite e senza risposte”. La Casa Bianca ha parlato di “obiettivi centrati” mentre l’Iran ha lanciato un “messaggio serio e un avvertimento agli americani”. Secondo Teheran gli attacchi nello Yemen sono “un errore strategico” e “una minaccia alla pace e alla sicurezza nella regione”.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata