Si parlava di una “cella di transito” grande “come un armadio” con le “manette, un cinturone legato alle manette”, i “piedi legati con una cavigliera” e “un’altra manetta a cui è attaccato un guinzaglio” in una lettera di Ilaria Salis, pubblicata da LaPresse il 16 gennaio. La seconda lettera, dopo la prima che raccontava di topi e scarafaggi, era di 13 pagine. Scritta a mano, nella missiva Ilaria Salis racconta di una “situazione alimentare catastrofica” se “non si hanno abbastanza soldi”. Grave la situazione sanitaria. “Mi hanno detto – scrive la 39enne i cui genitori si sono appellati alla premier Giorgia Meloni e i ministri Nordio e Tajani per chiedere che sconti i domiciliari in Italia, come previsto dai trattati – che qui in Ungheria nel questionario rivolto ai donatori di sangue chiedono anche se si è stati in carcere negli ultimi 6 mesi. Significa che anche il sistema sanitario ungherese è a conoscenza della malnutrizione e delle condizioni sanitarie all’interno delle carcere”.
Intanto, la quinta sezione della Corte d’appello di Milano ha rinviato per la terza volta al 13 febbraio la decisione sulla consegna all’Ungheria del 23enne anarchico Gabriele Marchesi, imputato assieme a Salis nel processo iniziato il 29 gennaio, perché il governo di Victor Orban non aveva risposto ai chiarimenti sulle condizioni detentive entro il termine che era stato fissato il 10 gennaio.