Per il premier israeliano "le richieste deliranti di Hamas bloccano i negoziati"
Le richieste di Hamas sono “deliranti” e bloccano i negoziati e un’operazione israeliana a Rafah ci sarà perché non farla equivarrebbe a perdere la guerra. È questo in sintesi quanto detto dal premier israeliano, Benjamin Netanyahu, in una conferenza stampa tenuta in serata mentre centinaia di persone protestavano a Tel Aviv e Gerusalemme per chiedere sia un’intesa per gli ostaggi sia nuove elezioni.
“Ho parlato con il presidente Biden e parlo quotidianamente con altri leader mondiali. Dichiaro inequivocabilmente che Israele combatterà fino alla vittoria assoluta, anche a Rafah. Chiunque voglia impedirci di agire a Rafah ci sta essenzialmente dicendo di perdere la guerra. Non lo permetterò”, ha detto Netanyahu, aggiungendo che Israele è “vicino a poter riportare i residenti del sud in sicurezza nelle loro case” e che nel nord della Striscia la creazione delle circostanze per il ritorno dei residenti sarà ottenuta diplomaticamente o militarmente.
Per Netanyahu, progressi nei negoziati potranno esserci se Hamas rinuncia alle richieste che ha definito appunto “deliranti”. In mattinata il leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, aveva attribuito a Israele la responsabilità dei mancati progressi per un accordo sul cessate il fuoco e aveva chiarito che Hamas non accetterà nulla di meno di una “completa cessazione dell’aggressione, il ritiro dell’esercito di occupazione da Gaza e la fine dell’assedio”, includendo fra le condizioni di Hamas il fatto che Israele liberi i prigionieri palestinesi che stanno scontando lunghe pene detentive.
Hamas ha anche minacciato di sospendere i negoziati per un cessate il fuoco e per un accordo sugli ostaggi se non arriveranno aiuti umanitari nel nord della Striscia di Gaza: “i negoziati non possono svolgersi mentre la fame divora il popolo palestinese”, ha dichiarato un alto funzionario del gruppo all’emittente Al-Jazeera.
Il quadro di stallo nei colloqui era stato ‘fotografato’ nel pomeriggio dal premier e ministro degli Esteri del Qatar, Sheikh Mohammed bin Abdul Rahman Al Thani, parlando alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera: “In questi giorni i negoziati per un cessate il fuoco a Gaza non sono molto promettenti”, anche se “permane l’ottimismo e continueremo a spingere” per un accordo. Il punto, per lui, è che l’accordo sul cessate il fuoco non dovrebbe essere condizionato dagli ostaggi: “È importante trovare un accordo sulla liberazione degli ostaggi, ma è anche importante fermare la guerra ora, senza precondizioni”.
Ribadendo che l’operazione terrestre a Rafah ci sarà, Netanyahu ignora le crescenti pressioni internazionali affinché Israele non lanci questa offensiva. A Rafah, città nel sud di Gaza al confine con l’Egitto, sono ammassati oltre la metà dei 2,3 milioni di abitanti della Striscia, che vi si sono trasferiti a seguito degli ordini di evacuazione israeliani riguardanti altre zone. L’azione a Rafah scatterà “dopo che avremo permesso ai civili nelle zone di combattimento di evacuare in aree sicure”, ha detto Netanyahu. Tuttavia le organizzazioni umanitarie hanno più volte precisato che nessun luogo è sicuro.
I ministri degli Esteri del G7, che sotto la presidenza italiana del titolare della Farnesina Antonio Tajani si sono riuniti a margine della Conferenza sulla sicurezza di Monaco, hanno avvertito che un’offensiva a Rafah avrebbe “conseguenze potenzialmente devastanti sulla popolazione civile” e hanno “espresso l’intenzione di lavorare per una pausa prolungata e duratura nelle ostilità che porti a un cessate il fuoco sostenibile”. Anche l’Egitto ha parlato di possibili “effetti devastanti” derivanti da un’eventuale operazione a Rafah.”Vogliamo che finisca questa carneficina che ha causato la morte di migliaia di civili israeliani e palestinesi. Ho visto scene inimmaginabili”, ha dichiarato Tajani.
E sempre da Monaco ha fatto sentire la sua voce la Cina, per bocca del suo ministro degli Esteri Wang Yi, chiedendo un “cessate il fuoco immediato” per fermare il “disastro umanitario”. Intanto il Wall Street Journal ha rivelato che, nonostante gli Stati Uniti stiano facendo pressioni per un cessate il fuoco a Gaza, l’amministrazione Biden si starebbe preparando a inviare a Israele bombe e altre armi che andrebbero ad arricchire il suo arsenale militare, per un valore stimato di decine di milioni di dollari. La proposta di consegna sarebbe ancora in fase di revisione interna da parte dell’amministrazione.
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