Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha presentato al gabinetto di sicurezza un documento di principi riguardante la gestione di Gaza dopo la guerra, con l’obiettivo di insediare “funzionari locali” non affiliati al terrorismo per amministrare i servizi nella Striscia al posto di Hamas. Lo riferisce ‘The Times of Israel’. Il documento, reso noto nella notte, è in gran parte una raccolta di principi che il premier ha espresso fin dall’inizio della guerra, ma è la prima volta – si sottolinea – che vengono formalmente presentati al governo per l’approvazione.
Israele cerca un accordo per fasi, che includa una pausa temporanea nei combattimenti in cambio del rilascio di alcuni dei circa 100 ostaggi ancora trattenuti dai militanti palestinesi dopo il brutale attacco di Hamas del 7 ottobre nel sud di Israele. Lo Stato ebraico ha giurato che continuerà a combattere finché Hamas non sarà annientato. Hamas ha inizialmente chiesto di porre fine alla guerra, giunta al quinto mese, prima di poter rilasciare gli ostaggi e ha detto che avrebbe rilasciato gli ostaggi israeliani in cambio di tutti i prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane; Israele ha respinto questa richiesta e i mediatori lavorano quindi per un nuovo accordo.
Stando al piano presentato da Netanyahu al suo Gabinetto per l’approvazione, dopo la fine della guerra contro Hamas Israele dovrebbe controllare la sicurezza in una Striscia di Gaza smilitarizzata e avrà un ruolo negli affari civili. Pur mancando il piano di dettagli, si tratta della prima volta che Netanyahu presenta una visione formale del post guerra. L’insistenza di Netanyahu su un ruolo israeliano a tempo indeterminato nella gestione di Gaza è in contrasto con le proposte chiave degli Stati Uniti per un governo autonomo palestinese che alla fine governi sia Gaza che la Cisgiordania occupata da Israele come premessa per uno Stato. Il piano ribadisce che Israele è determinato a schiacciare Hamas, il gruppo militante che è salito al potere nella Striscia di Gaza nel 2007. I sondaggi indicano che la maggioranza dei palestinesi non sostiene Hamas, ma che il gruppo ha radici profonde nella società palestinese. I critici ritengono che l’obiettivo di Israele di eliminare Hamas sia irraggiungibile.
Il piano prevede libertà d’azione per le forze armate israeliane a Gaza dopo la guerra, per sventare qualsiasi minaccia alla sicurezza, e dice che Israele stabilirà una zona cuscinetto all’interno di Gaza, cosa che probabilmente provocherà obiezioni da parte degli Stati Uniti. Il piano prevede anche appunto che Gaza sia governata da funzionari locali che “non saranno identificati con Paesi o entità che sostengono il terrorismo e non riceveranno pagamenti da loro”. Non è chiaro se i palestinesi accetterebbero di ricoprire tali ruoli di ‘contractor’. Negli ultimi decenni, Israele ha ripetutamente provato e fallito nel tentativo di istituire organi di governo locali palestinesi scelti personalmente.
Il piano sul post guerra presentato dal premier israeliano Benjamin Netanyahu al suo Gabinetto per l’approvazione include fra gli aspetti chiave la chiusura dell’Unrwa, cioè l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi. Lo riporta il Times of Israel, second cui il documento rileva il presunto coinvolgimento di 12 dipendenti dell’Unrwa nell’assalto di Hamas del 7 ottobre nel sud di Israele e afferma che Israele lavorerà per sostituire l’agenzia con “organizzazioni umanitarie internazionali responsabili”.
Il Times of Israel sottolinea tuttavia che, secondo quanto riferito il mese scorso da un funzionario alla testata stessa, nel breve termine Israele non vorrebbe lo scioglimento dell’Unrwa perché, trattandosi della principale organizzazione di distribuzione degli aiuti sul territorio, ritiene che la sua chiusura rischierebbe di provocare una catastrofe umanitaria che potrebbe costringere Tel Aviv a cessare i combattimenti contro Hamas.