A sfilarsi i Paesi facenti parte dei Brics. Zelensky al lavoro su un secondo summit

“L’integrità territoriale” dell’Ucraina deve essere la base di qualsiasi accordo di pace. È questo il cuore della dichiarazione finale del summit globale per la pace in Ucraina, che nel fine settimana si è tenuto a Bürgenstock, in Svizzera, al quale la Russia non era stata invitata. Non tutti però hanno firmato. Dei 92 Paesi partecipanti (c’erano anche altre 8 delegazioni di istituzioni, per un totale di 100 delegazioni), sono 80 quelli che hanno aderito al comunicato di fine vertice. A sfilarsi diversi Paesi in via di sviluppo: non hanno firmato India, Messico, Arabia Saudita, Sudafrica, Thailandia ed Emirati Arabi Uniti, che erano rappresentati da ministri degli Esteri o inviati di livello inferiore, come pure il Brasile, che era al summit come Paese osservatore. Nessun Paese facente parte dei Brics. Ha firmato invece la Turchia, che più volte ha provato a fare da intermediario fra Kiev e Mosca. Zelensky, presente in Svizzera, ha accolto quelli che ha definito i “primi passi verso la pace”. E la presidente della Svizzera Viola Amherd, che faceva gli onori di casa, ha evidenziato che la “grande maggioranza” dei partecipanti ha concordato sul documento, il che mostra “cosa può ottenere la diplomazia”.

Zelensky sulla proposta di Putin: “Ultimatum non sono negoziati” 

Alla vigilia del summit, venerdì, Vladimir Putin aveva illustrato quella che ha presentato come una proposta di pace: sì allo stop dei combattimenti se Kiev accettasse di ritirare i suoi soldati dalle 4 regioni parzialmente occupate dalla Russia e di cui Mosca ha dichiarato l’annessione (Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia). Il comunicato finale del vertice, con il suo richiamo all’integrità territoriale ucraina, sembra rispondere a questo punto: “La Carta delle Nazioni Unite, compresi i principi di rispetto dell’integrità territoriale e della sovranità di tutti gli Stati, può servire e servirà come base per raggiungere una pace globale, giusta e duratura in Ucraina”, recita. Quando la seconda e ultima giornata di summit era ancora in corso il Cremlino si era fatto sentire, affermando che Zelensky dovrebbe riflettere sulla proposta di pace presentata da Putin perché la situazione militare per Kiev sta peggiorando. Un invito che è stato respinto al mittente anche da von der Leyen oltre che da Zelensky. “Putin non è seriamente intenzionato a porre fine alla guerra. Insiste sulla resa. Insiste sulla cessione di territori da parte dell’Ucraina, anche persino di territori oggi non occupati dalla Russia e insiste sul disarmo dell’Ucraina, che la renderebbe più vulnerabile a una futura aggressione. Nessun Paese accetterebbe mai queste condizioni oltraggiose”, ha affermato von der Leyen. Mentre Zelensky ha bollato la proposta di Putin come un “ultimatum” e “gli ultimatum non sono negoziati”.

Al lavoro per un secondo vertice

“La Russia e i suoi leader non sono pronti per una pace giusta”, ha detto Zelensky, definendo la proposta avanzata da Putin “un grave errore” perché è stata utile al summit, dove “dietro le quinte quasi tutti hanno detto che con questo unico messaggio” il presidente russo ha rivelato che non sono veritiere le sue intenzioni di pace. Gli analisti hanno evidenziato che la conferenza potrebbe avere uno scarso impatto concreto sul corso della guerra, vista l’assenza di Mosca. La Cina (che non ha partecipato) e il Brasile hanno cercato insieme di tracciare percorsi alternativi verso la pace e a conclusione della riunione Zelensky si è detto pronto “ad ascoltare le opinioni di Cina e Brasile”. “È normale ascoltare, unire le forze per porre fine alla guerra”, ha detto. E ancora: “i negoziati possono iniziare domani se la Russia si ritira dai nostri territori”. Secondo quanto riferito da Zelensky, l’Ucraina sta parlando con alcuni Paesi che si sono offerti di ospitare un “secondo vertice di pace”, per il quale non è stata però fissata una data.

 

 

Gli altri temi del summit

Nella dichiarazione finale hanno trovato spazio anche i temi della sicurezza nucleare, della sicurezza alimentare e dello scambio di prigionieri. In particolare, si afferma che “qualsiasi uso dell’energia nucleare e delle installazioni nucleari deve essere sicuro, protetto e rispettoso dell’ambiente” e che “qualsiasi minaccia o uso di armi nucleari nel contesto della guerra in corso contro l’Ucraina è inammissibile”. In secondo luogo, si afferma che “la sicurezza alimentare non deve essere strumentalizzata in alcun modo” e “i prodotti agricoli ucraini devono essere forniti in modo sicuro e libero ai Paesi terzi interessati”. Quanto al punto relativo ai prigionieri di guerra, dei quali si chiede un rilascio attraverso “uno scambio completo”, la dichiarazione recita anche che “tutti i bambini ucraini deportati e trasferiti illegalmente e tutti gli altri civili ucraini detenuti illegalmente devono essere restituiti all’Ucraina”.

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