L'intesa lascia fuori Meloni, con cui però l'attuale presidente della Commissione negozierà un ruolo di primo piano per l'Italia

C’è l’accordo sulle nomine Ue. I negoziatori delle tre famiglie politiche che compongono la maggioranza uscente hanno concordato il pacchetto di tre nomi per i cosiddetti ‘top job’ dei vertici Ue: la popolare von der Leyen rimarrà al suo posto alla guida della Commissione europea, il socialista portoghese Antònio Costa sarà presidente del Consiglio europeo e la liberale estone Kaja Kallas diventerà Alta rappresentante per la politica estera. L’elezione del presidente del Parlamento europeo, con la probabile riconferma della popolare Roberta Metsola, spetta invece all’Eurocamera e avverrà il 16 luglio.

L’intesa

L’intesa sui nomi è stata raggiunta dai sei negoziatori: il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis e il primo ministro polacco Donald Tusk per il Partito popolare europeo, il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez e il cancelliere tedesco Olaf Scholz per i socialisti, e il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro olandese Mark Rutte per i liberali. Inoltre, il Ppe non chiederà più che Costa non venga riconfermato per un secondo mandato di due anni e mezzo per fare posto a un popolare. I negoziatori hanno concordato di mantenere la prassi di dare continuità e di convalidare il candidato eletto per tutto il ciclo legislativo. La notizia dell’accordo, fatta filtrare da diverse fonti, spiana la strada al Consiglio europeo di giovedì e venerdì, che a questo punto potrebbe filare liscio sulle nomine, mentre resta da definire – questa volta all’unanimità – l’Agenda strategica con il programma per l’Unione per i prossimi cinque anni.

L’Italia chiede un ruolo di primo piano

L’intesa di fatto lascia fuori la premier Giorgia Meloni, con cui però von der Leyen negozierà un ruolo di primo piano per l’Italia nella futura Commissione. I colloqui, hanno chiesto i negoziatori, devono essere fatti con Meloni in quanto premier e non in quanto presidente del partito dei conservatori europei Ecr. Per il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, “l’Italia intende esercitare in questa discussione un ruolo di primo piano, adeguato al suo status di Paese fondatore”. Un portafoglio di peso e una delle vicepresidenze, come chiede il vicepremier Antonio Tajani, incarico che potrebbe andare proprio al ministro Fitto, il cui nome resta in pole come commissario per l’Italia. D’altronde, una sua nomina non dovrebbe provocare scossoni o un rimpasto nel governo, perché le sue deleghe resteranno in capo alla presidenza del Consiglio e ai sottosegretari.

Le alleanze

Se le nomine verranno confermate, quella di von der Leyen dovrà passare per il voto del Parlamento già nella prossima plenaria, probabilmente il 18 luglio. Al momento la maggioranza ‘Ursula’ si ferma a 399 voti – qualche altro seggio è in arrivo -, sopra la soglia necessaria dei 361 ma non abbastanza ampia da permettere di compensare le probabili defezioni dei franchi tiratori. Von der Leyen dovrà cercare qualche altro voto. Sia i socialisti che i liberali hanno ribadito il loro no ad alleanze con Ecr e il partito di Giorgia Meloni. La leader dei socialisti, Iratxe Garcìa Pèrez, fresca di riconferma alla guida del gruppo, ha salutato con favore l’accordo dei leader Ue, ma rimarcando che non è un assegno in bianco. Ecr rimane “una linea rossa” anche per Renew, che ha riconfermato alla presidenza del gruppo la francese Valérie Hayer. 

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