61 milioni di cittadini chiamati alle urne per sostituire Ebrahim Raisi, morto in un incidente

La Guida Suprema dell’Iran, Ali Khamenei, vota a Teheran. Il Paese arabo è chiamato alle urne per eleggere il nuovo presidente che sostituirà l’ultraconservatore Ebrahim Raisi, morto in un incidente in elicottero il mese scorso. L’Ayatollah è uno dei primi a votare, esortando i 61 milioni di aventi diritto al voto a fare lo stesso. C’è preoccupazione, infatti, dopo anni di difficoltà economiche, proteste di massa e tensioni in Medioriente, sull’affluenza degli iraniani. Gli analisti descrivono in generale la corsa come una gara a tre. Ci sono i due leader della linea dura, l’ex negoziatore nucleare Saeed Jalili e lo speaker del Parlamento, Mohammad Bagher Qalibaf. Poi c’è il candidato riformista Masoud Pezeshkian, che si è allineato con figure come l’ex presidente Hassan Rouhani, sotto la cui amministrazione Teheran ha concluso lo storico accordo nucleare del 2015 con le potenze mondiali. Una maggiore affluenza alle urne potrebbe aumentare le possibilità di Pezeshkian, un cardiochirurgo di 69 anni che cerca un ritorno all’accordo atomico e migliori relazioni con l’Occidente. Ma non è chiaro se Pezeshkian possa ottenere lo slancio necessario per attirare gli elettori al voto. Appelli al boicottaggio anche da parte della premio Nobel per la pace Narges Mohammadi, detenuta dal maggio 2016. Mentre la Guida Suprema iraniana, l’85enne Ayatollah Ali Khamenei, ha l’ultima parola su tutte le questioni di Stato, i presidenti possono piegare le politiche del Paese verso il confronto o il negoziato con l’Occidente. Come accade dalla Rivoluzione islamica del 1979, alle donne e a coloro che chiedono un cambiamento radicale è stato impedito di votare.

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