Si vota per sostituire Ebrahim Raisi, scomparso in un incidente in elicottero il 19 maggio
L’Iran, al voto per le elezioni presidenziali, sceglie il successore di Ebrahim Raisi, morto in un incidente aereo lo scorso 19 maggio. Sono oltre 61 milioni gli iraniani di età superiore ai 18 anni che hanno diritto di voto. Di questi circa 18 milioni hanno meno di 30 anni. Dopo aver espresso il suo voto la Guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, ha chiamato i cittadini alle urne sostenendo che un’elevata affluenza rappresenta “una necessità” per l’Iran. Le elezioni, ha rimarcato, sono un “importante test politico”.
Elezioni Iran, i candidati
Il Consiglio iraniano dei Guardiani della Costituzione ha approvato sei candidature sulle ottanta presentate, tutte al maschile. Alireza Zakani, sindaco conservatore di Teheran, Saeed Jalili, già direttore dell’ufficio del leader supremo Ayatollah Ali Khamenei per quattro anni, Mohammad Bagher Ghalibaf, portavoce del parlamento iraniano ed ex comandante dei Pasdaran, Mostafa Pourmohammadi, ex ministro dell’Interno, Amir-Hossein Ghazizadeh Hashemi, vicepresidente dell’Iran, e Massoud Pezeshkian, unico candidato riformista a cui è stato dato il via libera. Il Consiglio ha nuovamente impedito di candidarsi all’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad, leader populista noto per la repressione seguita alla sua contestata rielezione del 2009. Stessa sorte per l’ex portavoce del Parlamento, il moderato Ali Larijani. Mentre due candidati dell’area conservatrice, Amir-Hossein Ghazizadeh Hashemi e Alireza Zakani, si sono ritirati dalla corsa “in modo che il fronte della rivoluzione venga rafforzato”. Secondo gli analisti internazionali il voto non porterà alcun cambiamento significativo nel Paese. La maggior parte dei candidati sostiene la linea oltranzista che mantiene convinte posizioni anti-occidentali, con la continuità come unica strada da percorrere, sia in politica estera che nella repressione del dissenso interno, in un Paese con un’economia in grande difficoltà e scosso da un diffuso malcontento popolare.
L’opinione prevalente è che sarà una corsa a tre. In campo conservatore si sfidano il tradizionalista Saeed Jalili e Mohammed Bagher Ghalibaf, considerato una sorta di ‘insider’ del regime, accusato negli ultimi anni più volte di corruzione, senza però mai essere formalmente indagato. Una circostanza che i suoi rivali attribuiscono alla sua stretta relazione con Khamenei. La possibile sorpresa è invece rappresentata da Massoud Pezeshkian. Il candidato riformista, che punta a ottenere il voto delle giovani generazioni, ha spiegato di voler riprendere una sorta di dialogo con gli Stati Uniti con l’obiettivo di ottenere una revoca delle sanzioni che stanno stritolando l’economia iraniana e ha annunciato anche che adotterebbe una posizione più morbida riguardo all’utilizzo del velo. “Se Dio vuole, cercheremo di avere relazioni amichevoli con tutti i Paesi, tranne Israele”, ha detto Pezeshkian dopo aver votato. Il 69enne, ex ministro della Salute, può contare anche sull’appoggio dell’ex ministro degli Esteri Javad Zarif, artefice dell’accordo sul nucleare Jcpoa. Gli analisti sostengono che Pezeshkian avrebbe bisogno di un’affluenza più alta del 48% registrata alle scorse presidenziali, almeno sopra il 50%, per entrare in corsa. Secondo l’ultimo sondaggio di Ispa (Iranian Student Polling Agency), Jalili e Pezeshkian sarebbero praticamente appaiati al 24% delle preferenze, con Ghalibaf al 19%. Uno scenario che porterebbe a un ballottaggio, dove comunque la strada per il riformista Pezeshkian pare chiusa, visto che, secondo lo stesso sondaggio, al secondo turno il 33% degli elettori di Ghalibaf opterebbe per Jalili, rispetto al 19% che virerebbe verso Pezeshkian.
La Premio Nobel Narges Mohammadi: “Voto illegittimo di un governo corrotto”
Proprio sul dato dell’affluenza si potrà pesare anche la forza dell’opposizione agli ayatollah all’interno del Paese. Chi sicuramente non voterà alle elezioni è la Premio Nobel per la pace Narges Mohammadi. La donna, rinchiusa nel carcere di Evin, ha parlato di un voto “illegittimo” da parte di un governo “corrotto”, il cui unico scopo “non è proteggere la democrazia e i diritti delle persone, ma consolidare il potere e la tirannia”. Anche le madri dei manifestanti e oppositori uccisi nel corso delle manifestazioni di protesta avvenute nel Paese, o perché considerati dei dissidenti, hanno invitato la popolazione a boicottare “il circo” delle elezioni presidenziali, definendo i candidati “essi stessi responsabili e complici dei crimini” commessi dal regime.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata