L'obiettivo è impedire al partito di Le Pen di ottenere la maggioranza assoluta in Parlamento

Il cordone repubblicano in Francia contro l’estrema destra di Marine Le Pen e Jordan Bardella sembra tenere, almeno alla vigilia del voto. Il lavorio frenetico del fronte delle sinistre e del campo centrista legato al presidente Emmanuel Macron per stringere accordi nelle diverse circoscrizioni in ottica anti-RN in vista dei ballottaggi del 7 luglio si è concluso alle 18 di martedì, scadenza che era stata fissata per presentare le candidature del secondo turno, e il risultato è che nella maggior parte delle circoscrizioni i candidati del Rassemblement National affronteranno un solo sfidante, dunque un argine unico contro l’onda RN. Obiettivo comune dichiarato impedire al partito di Le Pen di ottenere la maggioranza assoluta in Parlamento. Mentre al contrario RN continua a spingere proprio per ottenerla e formare un governo che abbia mano libera.

Le Pen: “Desistenze peggior tipo di disprezzo per gli elettori”

Secondo i conteggi di Le Monde, sono 218 i candidati che hanno deciso di ritirarsi e non correre in ‘triangolari’ al secondo turno, principalmente in funzione anti-RN. Al quotidiano risulta che di queste 218 ‘desistenze’ – così vengono chiamati in gergo i ritiri delle candidature per evitare che si disperdano voti – 130 sono state da parte della gauche e 82 dal campo presidenziale di Ensemble, mentre si sono ritirati anche 2 candidati conservatori dei Repubblicani (LR) e 3 candidati di RN. Il primo turno di queste legislative anticipate, svoltosi il 30 giugno, ha incoronato il Rassemblement National vincitore con una potenziale maggioranza, ma senza quella assoluta di 289 seggi sui 577 dell’Assemblea nazionale. Sono 76 i deputati che sono risultati eletti al primo turno, fra cui 39 del Rassemblement National e 32 del Nuovo fronte popolare. Dunque le sfide aperte per il secondo turno sono 501, la maggior parte: potenzialmente 306 di queste sarebbero state triangolari ma, alla luce delle ‘desistenze’, di sfide a 3 secondo i calcoli ne restano poco più di 90. Non senza polemiche, per quei candidati del blocco macroniano che hanno voluto fare dei distinguo e non si sono fatti indietro in virtù del ‘ni ni’, né RN né LFI, La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, che accusano di estremismo. La maggioranza assoluta è la condizione per andare a Matignon, è il mantra ripetuto da Jordan Bardella, potenziale premier di un governo di RN. Ma Le Pen, ai microfoni di France Inter, ha avanzato un’ipotesi di strategia in caso di maggioranza solo relativa: un’alleanza con dei deputati compatibili. Assicurando che non sarà una seconda premier, Le Pen si è scagliata contro le desistenze, definendole, insieme alle indicazioni di voto, “il peggior tipo di disprezzo per gli elettori“. E ha alzato i toni accusando Macron di un “colpo di Stato amministrativo”. “Ci sono voci secondo cui il presidente della Repubblica avrebbe intenzione di nominare il direttore generale della Polizia nazionale domani, a 4 giorni dal secondo turno, quando sarebbe dovuto rimanere fino alla fine dei Giochi olimpici, e il direttore della Gendarmeria nazionale”, ha attaccato Le Pen, secondo cui l’obiettivo sarebbe “impedire a Jordan Bardella di governare il Paese come desidera”. La replica dell’Eliseo è giunta a stretto giro, chiedendo a Le Pen “sangue freddo” e “misura”. Macron ha sciolto l’Assemblea nazionale e ha indetto le elezioni anticipate il 9 giugno, dopo la debacle subita per mano del partito di Le Pen alle Europee. Profondamente impopolare e indebolito, Macron aveva puntato sul fatto che l’estrema destra non avrebbe ripetuto quel successo alle legislative. Una scommessa persa, che si è trasformata per lui in un boomerang. Il presidente francese è ora accusato anche da membri del suo stesso schieramento di aver aperto la porta all’RN in un momento di malcontento per inflazione, costo della vita, immigrazione e per la stessa gestione macroniana. L’inquilino dell’Eliseo esclude tuttavia l’ipotesi di dimissioni.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata