Il gruppo: "Israele pagherà". In Israele riunione d'emergenza di sicurezza e governo. Onu: "Sviluppi estremamente preoccupanti"

Panico e sangue in Libano, dove l’esplosione in sequenza di migliaia di cercapersone usati da Hezbollah rischia di accendere una miccia pericolosissima nel confronto tra il gruppo militante e Israele. Il bilancio provvisorio tracciato dal ministero libanese della Sanità parla di almeno diciotto morti e 2800 feriti solo nel ‘Paese dei cedri’. Ma deflagrazioni simili avrebbero interessato anche i miliziani di Hezbollah in Siria, dove – stando ai media locali – le vittime sarebbero almeno sette. Tra i morti in Libano anche una bambina di 10 anni e il figlio del deputato di Hezbollah Ali Ammar, mentre è rimasto ferito nella deflagrazione del dispositivo usato da una delle sue guardie di sicurezza l’ambasciatore iraniano a Beirut Mojtaba Amani. Il diplomatico è stato trasferito in ospedale ma non è in pericolo di vita. Hezbollah ha definito le esplosioni “la più grande violazione della sicurezza sino a oggi” e ha lanciato chiare accuse a Israele. “Riteniamo il nemico israeliano pienamente responsabile di questa aggressione, che ha colpito anche civili e ha causato la morte di numerosi martiri e numerosi feriti”, è stata la presa di posizione del ‘Partito di Dio’ che ha promesso una “giusta punizione per questa aggressione criminale”.

Anche il governo libanese ha apertamente puntato il dito contro Tel Aviv, denunciando “con forza la criminale aggressione israeliana, che rappresenta una grave violazione della sicurezza e della sovranità libanese”. Il Consiglio dei ministri ha aggiunto di aver “immediatamente avviato contatti con i Paesi interessati e con le Nazioni Unite per metterli di fronte alle loro responsabilità rispetto a questa criminalità che non conosce limiti”. Fonti di Hebzollah citate dal Wall Street Journal hanno spiegato che i cercapersone interessati facevano parte di una nuova fornitura ricevuta nei giorni scorsi. A causare l’avaria, e la successiva deflagrazione – hanno ipotizzato – potrebbe essere stato un attacco informatico tramite malware capace di surriscaldare i dispositivi sino a farli saltare in aria. Israele non ha commentato ufficialmente l’accaduto ma si prepara alle eventuali conseguenze. Il Comando del fronte interno dell’Idf ha, infatti, avvisato le comunità locali sui rischi di un’escalation dopo le esplosioni in Libano, ma ha anche chiarito che – al momento – le linee guida per i civili non sono state modificate.

Appresa la notizia Benjamin Netanyahu si è riunito nella Kyria, cuore operativo del comando militare israeliano a Tel Aviv, con i vertici della sicurezza dello Stato ebraico, compreso il ministro della Difesa, Yoav Gallant. Al centro delle discussioni, secondo i media locali, le modalità per la gestione di una potenziale escalation con Hezbollah. Netanyahu aveva già avuto consultazioni con i responsabili della sicurezza israeliana alla luce delle crescenti tensioni con il gruppo libanese. Tra i funzionari visti dal premier anche il direttore del Mossad, David Barnea, personaggio chiave nei negoziati sulla restituzione degli ostaggi di Hamas. Incontri che avrebbero portato a rallentare l’atteso avvicendamento a capo del ministero della Difesa, tra Gallant e il leader di New Hope, Gideon Sa’ar. 

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