Migliaia in fuga: "Stanno bombardando ovunque". Raid anche a Beirut, oltre mille i feriti
È la giornata più buia dal 2006 per il Libano nello scontro fra Israele e Hezbollah. È di 492 morti e oltre mille feriti, secondo il ministero della Sanità libanese, il bilancio degli attacchi aerei israeliani che dalla mattina hanno colpito il sud del Libano e la Valle della Bekaa, nella zona est del Paese, scatenando la massiccia fuga di migliaia di libanesi dal sud verso Beirut. E nella capitale nel pomeriggio l’Idf ha dichiarato di avere compiuto un attacco definito “mirato”. L’obiettivo secondo fonti di stampa sarebbe stato un comandante di Hezbollah, Ali Karaki, numero tre dell’organizzazione, che secondo alcune fonti sarebbe morto e secondo altri sarebbe rimasto ferito. Israele dichiara che il suo obiettivo nei raid sono siti di Hezbollah – e dice di averne colpiti 1.100 – ma accusa il gruppo libanese sostenuto dall’Iran di avere nascosto armi nelle case dei libanesi, dunque ha chiesto l’evacuazione dei civili dal sud del Libano. In mattinata gli avvertimenti erano giunti con telefonate e messaggi sui telefoni, poi nel primo pomeriggio l’avvertimento dell’Idf in cui si davano due ore di tempo ai civili della Valle della Bekaa per allontanarsi se ci si trovava “vicino a edifici o all’interno di case dove sono immagazzinati missili e armi”.
Migliaia di persone in fuga
Dopo l’intensificarsi degli attacchi, migliaia di persone si sono riversate sulla principale autostrada che collega la città meridionale di Sidone a Beirut. In serata il premier israeliano Benjamin Netanyahu, in un videomessaggio, ha chiesto ai libanesi di “prendere sul serio” gli appelli a evacuare. “La guerra di Israele non è con voi, è con Hezbollah”, ha detto Netanyahu. “Per troppo tempo, Hezbollah vi ha usato come scudi umani”, “ha piazzato razzi nei vostri salotti e missili nei vostri garage” – è l’accusa del premier israeliano – e “per difendere il nostro popolo dagli attacchi di Hezbollah, dobbiamo togliere queste armi”, ha proseguito, promettendo ai libanesi che “una volta terminata la nostra operazione, potrete tornare in sicurezza nelle vostre case”. “Non aspettiamo una minaccia, la anticipiamo”, aveva spiegato poco prima.
Il racconto di una residente
Una residente di Sidone italo-libanese, Roberta, contattata da LaPresse ha raccontato che la sua casa è stata sfiorata da un attacco israeliano: “Stanno bombardando ovunque, anche i civili, non solo Hezbollah”, ha detto. “Bombardano da sabato, ma oggi intorno alle sei hanno iniziato ad aumentare gli attacchi e ad avvicinarsi sempre di più”, ha proseguito, “le strade sono tutte bloccate perché tutti stanno scappando a Beirut, ma anche lì la situazione non è il massimo”. Il governo ha ordinato la chiusura di scuole e università in gran parte del Libano e ha iniziato a preparare rifugi per gli sfollati.
I timori di un conflitto regionale totale
Hezbollah intanto ha riferito di avere risposto ai raid con lanci di decine di razzi contro Israele (secondo l’Idf oltre 160), prendendo di mira diverse basi e e strutture dell’azienda di difesa Rafael, con sede a Haifa. Lo spettro di un’operazione israeliana di terra in Libano non è scongiurato. Il portavoce dell’Idf, rispondendo a una domanda in merito, non ha escluso questo scenario, limitandosi a dire che “faremo tutto il necessario” per far tornare nel nord di Israele i residenti che sono stati evacuati dalle loro case dopo il 7 ottobre, quando parallelamente al conflitto a Gaza sono iniziati gli scambi a fuoco fra Hezbollah e Israele al confine libanese. Mentre un funzionario militare israeliano, citato da Associated Press, ha detto che non ci sono piani immediati per un’operazione di terra. L’estendersi degli attacchi in Libano da parte di Israele, tuttavia, giunge in un contesto già molto complicato: i timori di un conflitto regionale totale, infatti, sono cresciuti nell’ultima settimana dopo le esplosioni simultanee in Libano di cercapersone e walkie-talkie la scorsa settimana, attribuiti a Israele, e dopo il raid israeliano di venerdì su un sobborgo di Beirut in cui un comandante di Hezbollah, Ibrahim Aqil, è stato ucciso insieme ad altri membri del gruppo ma anche a civili, compresi donne e bambini.
Il bilancio di oltre mille feriti negli ultimi attacchi è impressionante considerando che il Libano stava ancora assistendo gli oltre 3mila feriti delle esplosioni dei dispositivi di comunicazione (che hanno anche provocato 39 morti). Il ministero della Sanità libanese ha chiesto agli ospedali del sud del Paese e della Valle della Bekaa di rinviare gli interventi chirurgici che potrebbero essere effettuati in un secondo momento, spiegando che punta a tenere le strutture sanitarie pronte ad affrontare la gestione le persone ferite nella “crescente aggressione di Israele al Libano”. “La continua aggressione israeliana al Libano è una guerra di sterminio nel vero senso”, ha accusato il premier libanese, Najib Mikati. Mentre da New York dove si trova per l’Assemblea generale dell’Onu il presidente iraniano Masoud Pezeshkian ha accusato Israele di voler scatenare una guerra più ampia in Medioriente e di tendere “trappole” per trascinarvi dentro l’Iran.
Biden: “Lavoriamo per ridurre l’escalation”
Israele ha promesso che allontanerà Hezbollah dal confine in modo che i suoi cittadini possano tornare nelle loro case nel nord – e ha reso questo un obiettivo della guerra a Gaza. Hezbollah, dal canto suo, ha dichiarato che continuerà ad attaccare fino a quando non ci sarà un cessate il fuoco a Gaza, ma questa sembra una prospettiva difficile da raggiungere, mentre la guerra si avvicina al suo anniversario. “Sono stato informato sugli ultimi sviluppi in Israele e in Libano. Il mio team è in costante contatto con le controparti e stiamo lavorando per ridurre l’escalation“, ha dichiarato il presidente americano Joe Biden. Il Pentagono, sullo sfondo dell’aumento delle violenze fra Israele e Hezbollah, ha annunciato l’invio di altre truppe Usa in Medioriente, senza precisare quante. Secondo i media israeliani, gli Stati Uniti hanno presentato una nuova proposta di accordo su Gaza che non prevede le tre fasi distinte com’era stato invece finora. È invece giallo sulle sorti del capo di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar: l’Idf ha riferito di non poterne né confermare né smentire la morte. Secondo la radio dell’esercito israeliana, gli ultimi messaggi inviati da lui potrebbero essere stati scritti da altri.
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