La guerra imperversa su più fronti in Medioriente a un anno dal 7 ottobre del 2023, quando Hamas guidò un massacro nel sud di Israele in un attacco via terra e via aria lanciato dalla Striscia di Gaza, uccidendo 1.200 persone, perlopiù civili, e prendendone in ostaggio altre 250. Diverse commemorazioni si sono avvicendate in Israele dalle prime ore del mattino fino a sera, ma anche in questa giornata i bombardamenti sono andati avanti, tanto da parte di Israele – che è tornato a bombardare Beirut e ha annunciato di avere attaccato 120 obiettivi di Hezbollah con 100 caccia – quanto contro lo Stato ebraico: Hamas ha celebrato l’anniversario lanciando una raffica di razzi su Tel Aviv, sottolineando la sua resistenza dopo un anno di guerra e devastazione a Gaza; e anche Hezbollah ha lanciato razzi, contro la città di Haifa, nel nord di Israele, ferendo secondo i media locali 10 persone.
E anche dallo Yemen, i cui ribelli houthi sono parte dell’Asse della resistenza, è stato lanciato un missile contro il centro di Israele, che è stato intercettato. Il tutto mentre si trattiene ancora il fiato in attesa dell’attacco che Israele ha promesso di compiere contro l’Iran in risposta al raid iraniano del 1° ottobre, quando Teheran aveva lanciato circa 200 missili balistici per vendicare le uccisioni di Ismail Haniyeh e Hassan Nasrallah. La prima commemorazione del 7 ottobre in Israele è stata quella tenutasi all’alba sul sito dove l’anno scorso si stava svolgendo il festival Nova, vicino al kibbutz di Re’im, che fu attaccato dai miliziani: alle 6.29, orario in cui Hamas lanciò l’attacco, la folla raccoltasi sul posto, insieme al presidente israeliano Isaac Herzog, ha osservato un minuto di silenzio.
Sempre in mattinata un gruppo di familiari di ostaggi si è invece riunito davanti alla residenza del premier Benjamin Netanyahu per un’altra cerimonia, mentre per la serata sono state organizzate 2 diverse cerimonie: una ufficiale, da parte del governo israeliano, pre-registrata senza pubblico per evitare contestazioni; e l’altra nel Parco Yarkon di Tel Aviv, organizzata separatamente dai familiari delle vittime. “Ricordiamo i nostri caduti, i nostri ostaggi, che siamo obbligati a riportare a casa, e i nostri eroi caduti per difendere la patria e il Paese”, ha detto Netanyahu commemorando le vittime a Gerusalemme. Poi ha convocato all’ultimo momento una riunione di sicurezza urgente, rimandando un incontro che era in programma fra il ministro degli Esteri francese in visita, Jean-Noël Barrot, e il ministro israeliano degli Affari Strategici Ron Dermer. La “guerra della rinascita”, ha definito Netanyahu quella contro Hamas e Hezbollah.
E in serata l’Idf ha intimato ai civili nel sud del Libano di stare lontani dal mare e dalle spiagge per un tratto di 60 chilometri dal confine in vista di operazioni che verranno condotte contro Hezbollah. Ma nonostante i colpi subiti Hamas e Hezbollah sono tornati a colpire in questa giornata simbolica. E l’Asse della resistenza non ha fatto mancare le proprie dichiarazioni: “Continueremo una lunga e dolorosa battaglia”, è la promessa fatta dall’ala militare di Hamas; mentre Hezbollah ha definito Israele un cancro da eliminare; e l’ayatollah iraniano Ali Khamenei ha sottolineato che l’operazione ‘diluvio di Al-Aqsa’ ha “riportato indietro di 70 anni il regime sionista”. Solidarietà è giunta dal mondo occidentale. Il presidente francese Emmanuel Macron, pur ai ferri corti con Netanyahu, non ha fatto mancare il suo messaggio: “Il dolore è ancora qui, acuto come un anno fa. Il dolore del popolo israeliano. Il nostro dolore. Il dolore dell’umanità ferita”. Anche il presidente Usa Joe Biden ha commentato: “Troppi civili hanno sofferto fin troppo durante quest’anno di conflitto”, ha detto, affermando che ritiene che “la storia ricorderà anche il 7 ottobre come un giorno buio per il popolo palestinese a causa del conflitto scatenato da Hamas quel giorno”. Poi la Casa Bianca ha riferito di una telefonata fra Biden e il presidente israeliano Herzog, in cui i due leader “hanno ribadito il loro impegno a raggiungere un accordo a Gaza che riporti a casa gli ostaggi, metta al sicuro Israele, allevi le sofferenze dei civili palestinesi e apra la strada a una pace duratura con Hamas, che non sarà mai più in grado di controllare Gaza o di ricostituire le sue capacità militari”.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, da sempre critico con Netanyahu e a favore della causa palestinese, è tornato invece ad accusare Israele di genocidio: “Non bisogna dimenticare che prima o poi Israele pagherà il prezzo di questo genocidio, che porta avanti da un anno e che continua ancora”, ha detto. Con l’incognita della minaccia israeliana di un attacco che pende sull’Iran, Teheran ha ribadito che è pronta a dare “una risposta ferma e adeguata a ogni nuova azione e avventura del regime sionista”. Intanto per venerdì è stato messo in programma un incontro fra il presidente dell’Iran Masoud Pezeshkian e quello russo Vladimir Putin in Turkmenistan.