Medioriente, si apre uno spiraglio per gli ostaggi: Israele e Hamas valutano la proposta dell’Egitto

Segnali confortanti dalla riunione dei negoziatori a Doha. Iran: "Useremo tutti gli strumenti per rispondere all'aggressione dello Stato ebraico"

Dopo essere stata messa in secondo piano dall’allargamento del conflitto in Libano e dall’attesa, e poi avvenuta, risposta israeliana all’attacco da parte dell’Iran dello scorso 1 ottobre, la questione degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas a Gaza è tornata centrale nel conflitto in Medioriente. Segnali potenzialmente confortanti sono giunti dalla riunione avvenuta a Doha tra il capo del Mossad, David Barnea, il direttore della Cia, William Burns e il primo ministro del Qatar, Mohammed Al Thani. A far sbloccare la situazione, almeno temporaneamente, potrebbe essere la proposta messa in campo domenica dall’Egitto: ovvero due giorni di tregua in cambio della liberazione di quattro ostaggi e di un numero non precisato di prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri iraniane. Hamas ha fatto sapere che l’organizzazione sarebbe pronta ad accettare l’offerta egiziana, anche se continua a preferire un accordo “coerente con la proposta del presidente americano Joe Biden”, ovvero che abbia come punto di caduta finale “il completo ritiro di Israele dalla Striscia”. Anche Israele sta valutando e, secondo alcune fonti, Benjamin Netanyahu avrebbe detto ad alcuni parlamentari del Likud di essere pronto ad accettare. Nel corso di un discorso alla Knesset, il primo ministro israeliano ha affermato che il rientro in patria degli ostaggi, “tutti loro, i vivi e i morti” è “centrale” nel piano della vittoria nella lotta contro Hamas. Allo stesso tempo Israele ha ribadito di non essere disposto ad accettare un accordo che preveda come condizione la fine della guerra a Gaza, dove i morti dal 7 ottobre 2023 hanno superato quota 43mila.

Iran: “Useremo tutti gli strumenti per rispondere all’aggressione”

Il leader centrista dell’opposizione, Benny Gantz, ha chiesto a Netanyahu di elaborare “un piano rapido” per “riportare a casa le nostre figlie e i nostri figli” anche se questo dovesse comportare “un prezzo doloroso”. Netanyahu rivolgendosi al parlamento è tornato anche sull’attacco a Teheran. “Abbiamo danneggiato gravemente il sistema di difesa dell’Iran e abbiamo colpito le loro fabbriche della morte” ha dichiarato, spiegando che la Repubblica islamica starebbe lavorando alla fabbricazione di “bombe nucleari” tramite le quali “minacciare il mondo intero quando lo vorrà”. Da Teheran, il portavoce del ministero degli Esteri ha ribadito che l’Iran userà “tutti gli strumenti disponibili per rispondere in modo deciso ed efficace all’aggressione”, mentre il comandante delle Guardie rivoluzionarie, Hossein Salami, si è spinto oltre minacciando Israele di conseguenze “amare e inimmaginabili” per il raid “illegittimo e illegale” effettuato nella notte fra venerdì e sabato scorsi.