“Questa mattina è stata ritrovata una persona in auto bloccata dal fango. Era lì da tre giorni. E’ un segnale di speranza, ci spinge ad andare avanti a cercare in ogni anfratto, in ogni angolo possibile perché li può esserci qualcuno ancora vivo che aspetta noi”. Ruben trentenne di Quart de Poblet, frazione a dieci minuti di metro dal centro di Valencia, è uno delle migliaia di ragazzi che a pochi giorni dal disastro si è mosso in moto per raggiungere i paesi più isolati e ancora non raggiunti dagli aiuti.
I volontari si sono messi in viaggio anche a piedi
“Le autorità ci hanno vietato di prendere le auto ma questo non ha fermato la popolazione che si è mossa a piedi percorrendo anche due, tre ore di cammino. Con noi stiamo portando zaini pieni di acqua e viveri oltre ad attrezzatura varia per spalare il fango e togliere i detriti. Il primo problema oggi, oltre a liberare chi è ancora bloccato dal fango, è portare da mangiare e bere. Servono acqua e cibo che si mantenga anche fuori dal frigo. Ne serve tanto perché tantissima gente è coinvolta in questa tragedia. A muoversi sono per lo più giovani ma devo dire che c’è di tutto. La mia ragazza si è incamminata con il padre in pensione che ha 72 anni”.
Il disastro a Picanya
Ruben ha raggiunto Picanya ieri mattina, ha camminato per circa un’ora: “Appena arrivato ho visto strade e vicoli invasi da circa due metri di fango. Le prime persone che ho visto sono state due anziani. Mi sono avvicinato chiedendogli cosa potevo fare per loro. Non mi hanno nemmeno risposto, si sono messi a piangere e ci hanno abbracciato ringraziandoci solo per il fatto di essere venuti qui. Non vedevano nessuno da giorni. Invece di farsi aiutare ci hanno indicato le zone dove secondo loro poteva esserci bisogno di maggiore aiuto. Ci hanno raccontato di un vicino che era uscito per andare a spostare la macchina e metterla in un posto secondo lui più sicuro ma lo hanno perso di vista”.
Le autorità parlano di più di 200 morti accertati ma stando ai dispersi (registrati attraverso gli avvisi ai contatti di emergenza) i numeri potrebbero anche aumentare e di molto: “Le comunicazioni sono state uno sfacelo. Il sistema non ha funzionato e tanta gente è stata colta di sorpresa. Io mi trovavo ad Alicante quando ha cominciato a piovere. Alle 18,30 ero in una strada già piena d’acqua. Il primo avviso dal cellulare l’ho avuto alle 20,30. Le scuole erano aperte e tanta gente si è fatta sorprendere dalla piena mentre era in strada con i figli”. Rubén si è fatto un’idea di quelle che possono essere le cause di una tragedia così immane: “Due, secondo me, sono i motivi principali: il primo riguarda la manutenzione dei canali che da noi non viene praticamente mai fatta. L’acqua, come si può vedere dai video, trascinava tronchi interi, rami secchi distruggendo tutto ciò che incontrava. Il secondo motivo di tale tragedia è la sottovalutazione. Le autorità non hanno preso seriamente cosa stava accadendo anche perché, bisogna dirlo, erano sessant’anni che non si registrava una cosa del genere a Valencia. Il mio paese e le zone limitrofe si sono salvate dalla distruzione grazie ad un lavoro fatto su un fiume che divide da Valencia, un lavoro di manutenzione che evidentemente non ha funzionato e come si può vedere questa è l’unica parte di Valencia che si è salvata”.
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