Il leader dei ribelli: "Il popolo deciderà forma dello Stato non paesi stranieri"

Prima il censimento e poi le elezioni. E’ la strada tracciata da Mohammed Al-Jolani per il futuro della Siria. In un’intervista al Tg1 il leader di Hayat Tahrir al-Sham ha spiegato che “la metà” della popolazione siriana vive all’estero e di questi “la maggior parte” non ha legami giuridici con la madrepatria in quanto “il regime precedente negava questa possibilità”. Ora invece il nuovo ministero degli Esteri intende contattare tutta la comunità siriana sparsa nel mondo. Un’operazione che, ha detto ancora Al Jolani – “avrà bisogno di tempo” poi “quando il censimento sarà completato, saremo in grado di procedere alle elezioni”. Quanto alle caratteristiche del nuovo Stato siriano sarà “una scelta del popolo e non di Paesi stranieri”, ha detto il capo di Hts. “Ora siamo ancora in una fase di passaggio dei poteri, poi passeremo alla seconda che riguarderà il Congresso nazionale generale”, ha argomentato ancora. “Nell’ambito del Congresso, verranno create delle Commissioni costituzionali con degli esperti che decideranno la giurisdizione del Paese e che forma avrà lo stato. Dopodiché, sarà sottoposto al giudizio del popolo”, ha spiegato Al Jolani.

Nel Paese intanto si è recata una delegazione di alto livello degli Stati Uniti che ha discusso con i vertici del gruppo di ribelli siriani della possibilità di rimuovere le sanzioni internazionali contro la Siria e di eliminare Hts dalla lista delle organizzazioni terroristiche designate dagli Usa. La delegazione americana, guidata dall’Assistente del segretario di Stato per gli Affari del Vicino Oriente, Barbara Leaf, è il primo gruppo di diplomatici americani a visitare formalmente la Siria da oltre un decennio, cioè da quando gli Stati Uniti chiusero la loro ambasciata a Damasco nel 2012. Fra i loro compiti anche quello di cercare informazioni su dove si trovi il giornalista americano Austin Tice, scomparso ormai 12 anni fa.

Gli Stati Uniti, inoltre, hanno fatto sapere di aver condotto un attacco aereo di precisione nella provincia di Dayr az Zawr uccidendo il leader dell’Isis, Abu Yusif. “Non consentiremo all’Isis di trarre vantaggio dall’attuale situazione in Siria e di ricostituirsi”, ha dichiarato il comandante del Centcom, il generale Michael Erik Kurilla. Un invito a “neutralizzare le organizzazioni terroristiche esistenti in Siria” è arrivato anche dal presidente turco, Recep Tayyip Erdogan. L’uomo forte di Ankara però non ha fatto riferimento solamente all’Isis anche anche alle organizzazioni curde, a partire dal Pkk. Proprio in questo ambito l’Osservatorio siriano per i diritti umani ha fatto sapere che un drone turco ha ucciso due giornalisti nella campagna meridionale di Kobane, nei pressi di Aleppo.

L’agenzia di stampa curda Anha/Hawar, legata alle Forze siriane democratiche (Sdf), ha identificato i due giornalisti uccisi come Jihan Belkin e Nazim Dashdan, precisando che “coprivano gli attacchi dell’occupazione turca e dei suoi mercenari alla diga di Tishrin”. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni, infine, ha avvertito l’Ue in merito ai milioni di profughi siriani sfollati in seguito alla guerra civile. Secondo l’Oim un loro ritorno su larga scala in patria in questa fase di transizione “travolgerebbe” il Paese. 

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