Gli Stati contesi da sempre e quelli nuovi. E' qui che bisogna guardare per capire chi vince
La chiave per vincere le elezioni presidenziali negli Stati Uniti è conquistare gli 'Swing States', cioè quella manciata tra i 50 Stati che sono 'in bilico' e determineranno chi sarà il futuro inquilino della Casa Bianca. Per questo le campagne elettorali dei candidati, sia del democratico Joe Biden sia del presidente repubblicano Donald Trump, si concentrano su di essi. Dalla fine delle convention dei partiti ad agosto, oltre il 70% degli appuntamenti di campagna elettorale (virtuali o di persona) si è svolto in appena sei Stati: Pennsylvania, North Carolina, Wisconsin, Florida, Michigan e Minnesota. Luoghi non scelti a caso: quelli in cui i candidati spendono più tempo e denaro sono anche quelli dove si gioca l'esito delle presidenziali. Per capirne i motivi, bisogna guardare alle elezioni del 2016, che hanno segnato una riconfigurazione della mappa elettorale. Se alcuni Stati, infatti, sono tradizionalmente 'oscillanti', altri lo sono diventati in anni recenti quando si è reso più imprevedibile prevedere il loro posizionamento.
Secondo i sondaggi, Biden gode di vantaggio sia a livello nazionale sia negli Stati chiave, apparentemente grazie al sostegno degli elettori bianchi laureati e alla riduzione dell'appoggio di quelli bianchi working-class a Trump. Ma bisogna ricordare che, a causa del sistema del voto indiretto tramite grandi elettori (spiegato in seguito), la semplice somma dei voti ottenuti alle urne non basta perché una manciata di Stati, combinati, raccoglie quasi la metà dei grandi elettori necessari a vincere. Nel 2016, oltre 65 milioni di cittadini votarono a favore di Clinton, tre milioni in più che per Trump. I grandi elettori assegnarono a lei solo 227 preferenze, al tycoon 304.
SWING STATES 'TRADIZIONALI'. Alcuni Stati sono stati costantemente Swing States negli ultimi due decenni, come Colorado, Florida, Nevada, New Hampshire, North Carolina, Ohio e Virginia. La loro importanza è determinata dal sistema elettorale: il peso demografico dello Stato determina quanti grandi elettori esso elegge, i quali votano poi per il candidato alla presidenza (in totale 538 grandi elettori, vince chi ottiene più di 270 voti). Nel 2016, i risultati mostrarono che le campagne elettorali si erano concentrate troppo sui tradizionali Stati in bilico. Alcuni altri Stati, come Pennsylvania, Michigan e Wisconsin, furono considerati ormai 'schierati' in mano dem, invece scivolarono in campo Gop. Questo fu decisivo per Trump: li conquistò insieme a importanti Swing States (come Ohio con 18 grandi elettori, Florida con 29, North Carolina con 15, Arizona con 11). Aggiungendoli agli Stati saldamente e tradizionalmente rossi, Trump ottenne il numero di grandi elettori sufficiente ad arrivare alla Casa Bianca. La democratica Hillary Clinton vinse in New Hampshire, Minnesota e Nevada.
NUOVI SWING STATES: DA DEM A GOP. Alcuni Stati nel 2016 hanno cambiato schieramento, passando da Dem a Gop o viceversa, rispetto alla loro tradizione. Iowa, Ohio, Maine e Michigan erano scivolati in campo repubblicano di 7 punti percentuali o più, secondo il sito d'analisi dei sondaggi e politica FiveThirtyEight, che lo spiega con il fatto che oltre la metà dell'elettorato (il 55%) è bianco non ispanico e con istruzione inferiore alla laurea, e che i primi due sono largamente rurali e quindi a tendenza Gop. Il sito prevede che questi Stati si spostino verso il campo Dem quest'anno, ma è imprevedibile di quanto. Sinora, nessun candidato repubblicano ha mai ottenuto la vittoria senza vincere in Ohio. Erano scivolati verso il Gop, con percentuali minori, anche Minnesota, Nevada, Pennsylvania, New Hampshire e Wisconsin. Quest'anno potrebbero, soprattutto i primi due, tornare in zona Dem, oppure (è il caso del Minnesota) andare ancora verso il Gop. Michigan e Pennsylvania non votavano per un repubblicano da George HW Bush nel 1988, il Winsconsin dal 1984.
NUOVI SWING STATES: DA GOP A DEM. Alcuni Stati che tendevano a votare repubblicano si sono spostati verso i democratici nel 2016, soprattutto nelle regioni meridionale e occidentale. Arizona, Georgia e Texas si erano mosse di 4 punti percentuali verso il campo Dem ed è possibile che quest'anno scivolino ulteriormente in quel senso. FiveThirtyEight spiega che sono Stati con alta percentuale di popolazioni razzializzate, come l'afroamericana o l'ispanica, che tendono a votare democratico. In più, nelle zone metropolitane è cresciuta la popolazione altamente istruita, con la stessa tendenza. La Georgia, con 16 grandi elettori, non vota democratico dal 1992, il Texas ne ha ben 38 e non lo fa dal 1976. Ma i sondaggi danno testa a testa almeno nel primo, e il sito prevede che tutti possano slittare ancora, come quattro anni fa. Anche Colorado e Virginia sono passati da rossi a blu, il primo avendo una popolazione per un quinto ispanica e la seconda per un quinto nera, entrambe solo per due terzi bianca, gruppo che qui è più altamente istruito che altrove. I due Stati si sono spostati così tanto a sinistra, da essere considerati ormai poco in bilico.
BATTLEGROUND STATES PURI. Florida e North Carolina restano Swing States veri e propri. La prima, dal pesante bilancio di 29 grandi elettori, è difficile da categorizzare in uno schieramento: nel 2016 vinse Trump, nel 2012 e 2008 Obama, nel 2004 e 2000 George W. Bush. Ha una vasta popolazione anziana (solitamente pro-Gop), ma una altrettanto numerosa ispanica e nera (pro-Dem), con un ampio gruppo latino in gran parte di cubani americani (pro-Dem nell'ultimo decennio, ma più tendente al Gop di altri latini). La North Carolina, dove quattro anni fa vinse Trump, ha mostrato una tendenza al voto repubblicano, l'elettorato bianco altamente istruito non è facilmente etichettabile, e pesano le zone rurali. La previsione di FiveThirtyEight è che si comportino come nel 2016, e che quindi siano imprevedibili.
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