La corsa sul filo di lana fino all'ultima scheda, la vittoria ormai di fatto dello sfidante dem, lo strappo istituzionale del Presidente uscente
Non sono stati giorni facili. Dalla notte tra martedì e mercoledì fino a oggi, gli Stati Uniti – e per estensione il mondo intero – si sono trovati in una situazione delicata e paradossale, senza un presidente 'cotto e mangiato' all'Election day, senza la minima certezza per il futuro ma, al contrario, con tanti, troppi sospetti e un sistema democratico vittima di uno sfregio.
Sono stati giorni difficili, sì, e da ricostruire. Era l'alba italiana quando Joe Biden, il grande favorito della vigilia, uscendo per primo a commentare il voto da un palco montato in parcheggio del Delaware, ha invitato alla pazienza perché, tanto, avrebbe vinto lui. E i dati non erano quelli grandi e grossi che si aspettava lui e che si aspettavano un po' tutti, ovvero quelli di un successo schiacciante come previsto da autorevolissimi sondaggi. Sapeva già tutto? A Biden ha subito risposto via Twitter Donald Trump, gettando il fango del dubbio sull'esito del voto. Un concetto ripetuto circa un'ora dopo in una conferenza stampa alla Casa Bianca gravida di pensieri malmostosi, con il piatto forte del ricorso alla Corte Suprema. Lì l'attuale presidente si è proclamato pomposamente vincitore ma ha anche fatto capire – non solo attraverso un inequivocabile body language – che annusava il lezzo nauseabondo della sconfitta.
Non gli tornavano i conti, a The Donald. Forse perché sapeva perfettamente che la rincorsa al domicilio più prestigioso di Pennsylvania avenue, a Washington, si sarebbe arrestata di fronte allo spoglio dei voti per posta. E infatti, Stato dopo Stato, Biden si è avvicinato progressivamente ai 270 elettori, la 'quota' indispensabile per diventare il 47° presidente americano. Tra mercoledì e giovedì sono evaporati gli Stati dei Grandi Laghi, cioè Michigan e Wisconsin, praticamente in contemporanea con le nuove accuse lanciate da Trump. Il quale, dopo aver annunciato 'a caldo' che si sarebbe rivolto alla Corte Suprema, ha fatto esplodere la sua rabbia chiedendo lo stop dei conteggi e denunciando apertamente i brogli. Così, nella prima settimana di novembre dell'anno 2020, Gli Stati Uniti si sono scoperti alle prese con un sistema elettorale arcaico e con una vulnerabilità istituzionale inimmaginabile.
Nella giornata di venerdì poi anche Georgia e Pennsylvania hanno registrato il sorpasso di Biden, lento ma inesorabile, voto dopo voto, scheda dopo scheda. Con una nota ufficiale, la campagna Trump ha fatto sapere che “queste elezioni non sono finite. La falsa proiezione di Joe Biden come vincitore si basa su risultati in quattro Stati che sono lontani dall'essere definitivi”, ed è arrivata alla conclusione che il presidente “sarà riletto”. Tutto questo mentre l'aviazione chiudeva lo spazio aereo sopra la casa di Biden, protetta anche dalle auto blindate dell'FBI, il segnale che presto sarebbe arrivato una ufficiale conferma. Una vittoria che Trump, secondo i boatos della Cnn, non ha comunque intenzione di riconoscere.
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