Lo afferma il nuovo rapporto 'Stop pesticidi 2021', realizzato da Legambiente in collaborazione con Alce Nero che ha preso in considerazione 2.519 campioni di alimenti di origine vegetale

Nel 35% del cibo che va in tavola ci sono “uno o più residui di pesticidi”. Lo afferma il nuovo rapporto ‘Stop pesticidi 2021’, realizzato da Legambiente in collaborazione con Alce Nero che ha preso in considerazione 2.519 campioni di alimenti di origine vegetale, includendo anche i prodotti derivati da apicoltura, pur se non appartenenti propriamente alla categoria, di provenienza italiana ed estera.
Dall’analisi – con i dati del 2020 – “nonostante emerga una percentuale bassa di campioni irregolari, cioè con principi attivi oltre le soglie consentite, pari all’1,39% di quelli totali, solo il 63% di campioni analizzati è regolare e senza residui di pesticidi. A preoccupare è il restante 35%, relativo a quei campioni regolari ma contenenti uno o più residui di pesticidi, seppur nei limiti di legge”.
Per Legambiente è “urgente approvare quanto prima la legge sul biologico, adottare il Piano di azione nazionale (Pan) per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, e un Piano strategico nazionale per l’applicazione della Pac che abbia come obiettivo principale la forte riduzione della chimica di sintesi in agricoltura”.
L’Italia – viene fatto presente – “pur assistendo nel corso degli anni ad una diminuzione dell’impiego dei pesticidi, continua a registrare un utilizzo ancora significativo di molecole chimiche di sintesi in agricoltura”. Secondo il rapporto sono state “contate 97 sostanze attive differenti: un campione di pere con 12 residui, uno di ciliegie con 10 residui, uno di prugna con 9 residui, quest’ultimo considerato irregolare a causa del superamento dei limiti imposti (deltamethrin) e per utilizzo di sostanze non autorizzate (dimethoate e omethoate)”. La frutta si conferma “la categoria in cui si concentra la percentuale maggiore di campioni regolari con uno o più residui, osservando come nel 53,59% dei casi sono presenti tracce di almeno una sostanza attiva”.
In questa categoria, “gli alimenti che presentano una maggior presenza di fitofarmaci sono l’uva da tavola (85,71%), le pere (82,14%), le fragole (71,79%) e le pesche (67,39%)”. Questi sono anche “i prodotti a maggior contenuto di multiresiduo, che rappresentano rispettivamente il 64,29%, 71,43%, 55,13% e 54,35% dei campioni analizzati. Le maggiori irregolarità sono descritte da campioni di agrumi (3,47%), piccoli frutti (4,44%) e frutta esotica (3,13%)”.
Nella verdura si osserva “una maggior quantità di alimenti regolari senza residui (73,81%), con solo poche tipologie che presentano elevate quantità di fitofarmaci come pomodori (60,20%) e peperoni (48,15%) che risultano tra i più colpiti”. Nonostante sia rappresentata “da una discreta percentuale di prodotti non contaminati da alcun tipo di pesticida, questa categoria è quella che contiene il maggior numero di irregolarità (1,70% dei campioni totali appartenenti alla suddetta), con campioni di peperoni che addirittura raggiungono il 7,41% tra quelli analizzati. Tra gli alimenti trasformati, il vino e il miele sono quelli con maggior percentuali di residui permessi, contando rispettivamente circa il 39,90% e il 20%”.

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