L'analisi del nuovo rapporto 'Il profilo fragile d'Italia' messo a punto in occasione della Giornata mondiale degli oceani. "Siamo ancora lontani dalla protezione efficace del 30% dei mari richiesta dalla strategia Ue sulla biodiversità al 2030"
Oltre la metà dei litorali italiani sono in stato di degrado, e appena 1.860 chilometri di coste su 7.500, pari al 23%, sono ancora naturali per una lunghezza di almeno 5 km. L’analisi del Wwf è contenuta nel nuovo rapporto ‘Il profilo fragile d’Italia’, che apre anche la campagna ‘Generazione mare’, e in cui si parla di “assalto alle coste italiane” e del “rischio di perdere preziosi servizi ecosistemici, come la difesa dalle mareggiate e la cattura del carbonio”.
Secondo il rapporto – messo a punto dall’associazione in occasione della Giornata mondiale degli oceani che si celebra l’8 giugno – “industrie, espansione urbana e turistica”, abbassamento “delle dune, deforestazione ed erosione hanno alterato il profilo costiero”. Tanto che “il 51% dei paesaggi costieri italiani”, circa 3.300 km, è degradato”. Inoltre – continua il Wwf – “siamo ancora lontani dalla protezione efficace del 30% dei mari richiesta dalla strategia Ue sulla biodiversità al 2030”.
Nel periodo che va dal 2006 al 2019 “un totale di 841 chilometri di costa italiana era caratterizzato da erosione”. Mentre oggi “cambiamenti climatici, inquinamento da plastica, specie aliene, ancoraggi indiscriminati e pesca eccessiva stanno deteriorando gli ecosistemi marini”. In particolare per quanto riguarda la pesca, “diverse specie costiere sono spesso sovrasfruttate, per l’azione combinata della pesca professionale e di quella ricreativa”; a questo bisogna aggiungere “gli effetti della pesca illegale”.
Gli ecosistemi costieri in salute svolgono “un ruolo cruciale nel contesto dei cambiamenti climatici: le praterie di Posidonia oceanica attenuano la forza delle onde, mitigando gli impatti delle mareggiate, catturano i sedimenti e contrastano l’erosione. Sono un deposito fondamentale di carbonio che ha immagazzinato dall’11% al 42% delle emissioni totali di CO2 dei Paesi mediterranei. Attività illegali di pesca a strascico sotto-costa, ma anche le ancore che arano i fondali e le loro catene stanno provocando la forte regressione della posidonia nel Mediterraneo”.
In base al rapporto “il 33% degli habitat marini italiani di interesse comunitario presenta uno stato di conservazione inadeguato, e solo il 26% è in uno stato di conservazione favorevole. Ad oggi esistono 29 aree marine protette e 2 parchi sommersi che, insieme ad altre tipologie di aree protette, nel complesso tutelano circa 308mila ettari di mare e circa 700 km di costa”. Ma, avverte il Wwf, “queste aree sono troppo poche e troppo piccole. Al 2019 solo il 4,53% delle acque territoriali italiane era protetto, di cui l’1,67% con un Piano di gestione implementato e appena lo 0,01% soggetto a protezione integrale”.
Secondo il Wwf per salvaguardare i servizi ecosistemici che coste e mari italiani ci garantiscono è necessario “un impegno immediato e concreto per incrementare l’efficacia di gestione delle aree marine protette e aumentare l’estensione della superficie protetta nei mari italiani”.
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