Roma, 28 lug. (LaPresse) – E’ scontro istituzionale tra la Lega e il Quirinale. Il leader del Carroccio, Umberto Bossi, non smorza i toni e andando via da Montecitorio ribadisce: “La Costituzione non dice dove devono stare i ministeri”. E lancia l’ennesima provocazione congedandosi dai giornalisti: “Torno a casa, vado nella mia Milano che è la capitale”. Il ministro delle Riforme sembra non aver ascoltato il monito di Silvio Berlusconi in Cdm sul tenere “conto delle parole del Quirinale” e pur insistendo che i rapporti con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, “non si romperanno” sul decentramento dei ministeri, la questione rimane sicuramente aperta.
Sul piatto questa volta c’è l’unità nazionale e la carta su cui si fonda l’essenza della nazione. Nella sua lettera Napolitano ha ricordato allo Stato e al governo di essere lui il vero garante della Costituzione e citando articolo per articolo ha detto “no” al trasferimento dei ministeri al Nord. Dei rilievi “istituzionali doverosi” da parte del Quirinale, “per non cadere in equivoci” senza ritorno, ma non accolti dal Senatur. Con la frase: “Il presidente Napolitano non si preoccupi. I ministeri restano lì” Bossi aveva già spazzato via ogni tentativo di mediazione messo in atto dal Cavaliere.
Ora Berlusconi si trova tra due fuochi: se dà ragione al leader del Carroccio rischia di aprire una guerra con la massima carica dello Stato, che potrebbe ricorrere allo strumento del richiamo ufficiale. Se si schiera, invece, dalla parte di Napolitano la morte del governo sarebbe cosa certa: senza la Lega mancherebbero i numeri per governare. Emblematica in questo contesto la frase del presidente della Regione Lazio, Renata Polverini: “I ministeri sono il governo”. E se il governo accetta il decentramento, secondo questa logica, è come se confermasse quanto lo stesso capo dello Stato ha detto questa mattina: “La politica appare oggi debole, incapace di scelte coraggiose, coerenti e condivise”.
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