Roma, 5 nov. (LaPresse) – Sale sul palco ed esordisce con “un saluto affettuoso a quei giovani democratici aggrediti vigliaccamente da quei delinquenti fascisti che girano ancora a Roma coccolati e impuniti” e piazza San Giovanni gli regala la prima grande ovazione. Il segretario del Partito democratico Pier Luigi Bersani si presenta alla piazza ferita dagli scontri del 15 ottobre per chiederle di essere la base della “Ricostruzione”. Nell’ottica del rimboccarsi le maniche per affrontare il lavoro che si prospetta davanti, il leader del Nazareno spiega che: “Dopo dieci anni di cura populista c’è tutto da risistemare e su tutto abbiamo pronta una proposta. Istituzioni, legge elettorale, federalismo, funzionamento della giustizia, conflitti di interesse e incompatibilità, informazione e Rai tv, ovunque si volge lo sguardo c’è un peggioramento, c’è malfunzionamento, c’è discredito del sistema”.

“Siamo nel luogo più esposto della crisi – attacca Bersani – nel suo epicentro, percepiti ormai come un rischio ed esposti alle scelte e alle convenienze di altri. Se ci siamo arrivati è per la politica di un governo incapace e sconsiderato”. Il problema è italiano certo e, afferma Bersani, si chiama Berlusconi, ma non è la sola ragione di ogni male, per l’Italia e anche per l’Europa, perché le responsabilità, secondo il segretario del Pd, Berlusconi le condivide con la destra europea. “Dopo l’euro, non si va indietro, si va avanti. Perché l’Euro non è la malattia. La malattia è l’Europa della signora Merkel e del signor Sarkozy”, grida dal palco di San Giovanni. “La malattia è l’Europa delle destre, l’Europa azzoppata dalle destre. La destra dunque, non altri, ha messo in ginocchio l’Europa. A partire da come hanno gestito l’emergenza della Grecia”.

Il segretario del Pd ammette “quello era un problema serio. Ma poteva essere isolato con facilità. La Grecia è il 3% del Pil Europeo”.

“Sappiamo bene che questi giorni ci richiamano a un’emergenza drammatica. Lo abbiamo detto agli italiani e lo abbiamo detto al Presidente della Repubblica che ringrazio qui per il Suo impegno straordinario: noi non cerchiamo ribaltoni o soluzioni di piccolo cabotaggio parlamentare. Se c’è discontinuità, se c’è cambiamento, se c’è una credibilità internazionale e interna da parte di un nuovo Governo, noi siamo pronti assieme a tutte le opposizioni a prenderci le nostre responsabilità, a dare un contributo di equità e di efficacia a misure che a questo punto debbono essere vere e proprie misure di salvezza nazionale. Ma tutto questo, se si determinasse, sarebbe un passaggio di transizione, l’avvicinamento ad un ciclo più radicale e impegnativo di cambiamento che potrà avvenire solo con il concorso attivo e l’assunzione di responsabilità e condivisione dei cittadini elettori”.

Tocca il tasto dell’orgoglio democratico, lancia un patto tra progressisti e moderati “per una legislatura di ricostruzione”, chiede che gli italiani mettano il Pd alla prova del governo: “dimostreremo di saper essere quel partito riformista e di governo che l’italia aspetta e non rifaremo gli errori dell’Unione”. Prima però c’è “una vecchia pratica” da sbrigare: “Berlusconi deve andare a casa, o ci va da solo o ce lo manderemo noi o in Parlamento o alle elezioni”. Ma attenzione, ammonisce Bersani: “La destra non è scomparsa, Berlusconi non è stato e non è una barzelletta. La destra ci sarà, sarà forte e sarà aggressiva, cattiva. Lo diciamo anche a coloro che si sono illusi in questi anni che Berlusconi fosse comunque preferibile al Centrosinistra; a coloro che ancora oggi perdono tempo a pensare che si possa oltrepassare Berlusconi e riprendere la nostra strada e il nostro volto nel mondo escludendo il Partito Democratico o indebolendolo, o dividendolo. Vediamo bene le operazioni in corso. Vediamo la ricerca confusa di soluzioni che possano prescindere dal Pd o ridurlo a una ruota di scorta, a una salmeria. No. Il primo Partito del Paese non può essere e non sarà mai una ruota di scorta. Abbandonate questa idea, è una illusione. E’ un’idea distruttiva non per noi ma per l’Italia”.

“Con questo appello alle forze di Centro per un patto di legislatura – sottolinea Bersani – noi non strattoniamo nessuno. Vogliamo mettere davanti a tutti la situazione reale del Paese che non giustifica pregiudizi o barriere insormontabili per chi voglia lasciarsi alle spalle il populismo, per chi voglia mettere in sicurezza i fondamentali del Paese e dargli una prospettiva”. L’Italia rimane un grande Paese per il leader del Pd che si professa sicuro: “L’Italia ce la farà, gli italiani ce la faranno” ma “nessuno ci spieghi col dito alzato che non basta cacciare Berlusconi per risolvere i problemi. Lo dite a noi? A noi? Ma lo sappiamo da prima di voi, che quando se ne andrà non si porterà via i problemi”.

La ricetta del Partito democratico parte da una riforma della Pubblica amministrazione e da una riforma fiscale, con la lotta all’evasione e un fisco equo come punti saldi: “L’evasione deve pagare, i patrimoni rilevanti e le grandi ricchezze devono pagare. Non può pagare solo chi sta pagando adesso e chi ha pagato fin qui, non si può dare addosso solo al lavoro, ai pensionati, alle famiglie. Ci vuole un fisco orientato all’equità, al lavoro, alla crescita. Noi sappiamo come si fa e lo faremo. Perché sono il fisco e l’evasione, le cose che ci fanno più diversi dall’Europa, anche se nella lettera del Governo non se ne faceva cenno”. “Il welfare – spiega Bersani – è da preservare e riformare. Cominciando dalla precarietà. Lo ripetiamo: un’ora di lavoro stabile deve costare un po’ meno e un’ora di lavoro precario deve costare un po’ di più”. Perché l’Italia “deve avere fiducia in se stessa e deve sapere la verità sulla situazione reale del Paese. Di favole si può morire”. Bersani chiede fiducia ma non nasconde le difficoltà: “Noi non raccontiamo favole, i problemi ci sono ma siamo pronti a lavorare per risolverli. E se sacrifici ci saranno vogliamo essere noi a deciderli”.

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