Roma, 18 set. (LaPresse) – L’aula di Montecitorio ha approvato con 430 voti favorevoli, 49 contrari e sette astenuti il decreto legge per il risanamento ambientale dell’area industriale di Taranto, ma il governo ha rischiato di essere battuto prima del voto finale su un ordine del giorno. Lo spettro di una caduta dell’esecutivo si è materializzata su un testo presentato dall’ex sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano (Pdl) dedicato alla questione della nomina del commissario straordinario. L’ordine del giorno impegnava il governo a nominare entro un mese e mezzo “il commissario straordinario per il risanamento ambientale a Taranto, e ad individuare tale figura fra soggetti muniti di specifica e comprovata competenza tecnica, e comunque non gravati da assorbenti impegni istituzionali”.

Il sottosegretario all’Ambiente, Tullio Fanelli, ha in un primo momento invitato Mantovano al ritiro di questo ordine del giorno.

“Evidentemente il governo ha già in mente qualcuno che non ha questi requisiti”, ha commentato il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro. L’attenzione di Fanelli in effetti si è concentrata proprio sulla questione dei requisiti, ottenendo l’eliminazione dal testo delle parole che seguono la parola “competenza”. Insomma il governo potrà nominare anche qualcuno che ha già “assorbenti impegni istituzionali” e che ha competenza, ma non necessariamente “tecnica”.

Alla fine il testo, così riformulato, è stato approvato. L’invito al ritiro aveva fatto insorgere Mantovano e dalla sua parte si erano prontamente schierate le forze di opposizione e non solo: “E’ politica giusta quella di chi sta in Parlamento e vota per partito preso senza leggere il contenuto della proposta? Non credo che siamo pagati per questo e credo che così non facciamo l’interesse dei cittadini, alzando la mano e votando per partito preso”, ha detto il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, rivolgendosi ai colleghi in aula. “Non mi pare – ha aggiunto – che il collega Mantovano stia chiedendo la luna”.

Anche la Lega e il Terzo polo avevano alzato gli scudi a difesa dell’ordine del giorno a firma Mantovano e l’ex leader repubblicano, Giorgio La Malfa, ha chiesto “che sia aggiunta anche la mia firma all’ordine del giorno sacrosanto presentato dal collega Mantovano e invito il governo a rivedere la sua posizione”.

Il sì di Mantovano al testo senza il riferimento alla assenza di altri impegni, ha provocato i rimbrotti di parte dell’opposizione ma ha consentito al governo di salvarsi da uno scontato voto contrario al parere espresso che avrebbe potuto prolungare la gestazione del decreto in aula. Il provvedimento è stato alla fine licenziato in prima lettura anche col voto dell’Idv che ha votato sì, ma “con riserva”. Il testo passerà ora all’esame del Senato.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata