Roma, 30 nov. (LaPresse)- L’Ilva di Taranto proseguirà la sua attività nonostante i provvedimenti di sequestro e di confisca della magistratura. A gestire l’impianto siderurgico sarà la famiglia Riva, attuale proprietario: se rispetterà tempi e procedure del piano di risanamento, previsti dall’Aia, andrà avanti per sei anni, ma in caso contrario perderà il controllo dell’azienda. Dopo una riunione di sei ore, il Consiglio dei ministri fissa così i paletti per il futuro dell’acciaieria pugliese: “un cambio di passo importante”, sottolinea palazzo Chigi in una nota, attraverso un decreto legge che il premier Mario Monti definisce “salva ambiente, salute e lavoro”.
“Non possiamo ammettere – sottolinea il presidente del Consiglio – che ci siano contrapposizioni drammatiche tra salute e lavoro, tra ambiente e lavoro e non è neppure ammissibile che l’Italia possa dare di sè, in un sito produttivo così importante, un’immagine di incoerenza”. Una misura, aggiunge Monti, che persegue “in maniera inderogabile le finalità espresse dai provvedimenti assunti dall’autorità giudiziaria”. Formula con cui il governo cerca di evitare lo scontro frontale con la procura di Taranto, anche se il decreto stabilisce che “i provvedimenti di sequestro e confisca dell’autorità giudiziaria non impediscono all’azienda di procedere agli adempimenti ambientali e alla produzione e vendita secondo i termini dell’autorizzazione”.
E sul no fermo al dissequestro dell’area a caldo dell’impianto, opposto dal gip della procura ionica, che potrebbe portare a uno scontro con la magistratura, Monti replica: “In quel momento non esisteva il decreto legge”. Una linea ribadita anche dal ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, che sottolinea che “il provvedimento è legge e dovrà essere rispettato, quindi anche il tribunale del riesame dovrà confrontarsi con questa legge”. La produzione a Taranto proseguirà, quindi, e toccherà alla società presieduta da Bruno Ferrante investire e risanare. A vigilare ci sarà un Garante “di indiscussa indipendenza” che riferirà al presidente del Consiglio e al ministro dell’Ambiente “le eventuali criticità riscontrate nell’attuazione del risanamento”.
Se si innesterà una spirale negativa, ci sarà un cambio di passo: arriveranno le sanzioni, fino al 10% del fatturato annuo. Poi, avverte il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, “se” l’azienda “non fa quello che l’Aia prevede, vedrà il bene depauperato fino a perderne il controllo”. Il ministro lo ha ribadito due volte nella conferenza stampa a palazzo Chigi: “Se il manager non farà quello che viene previsto, altri lo faranno per lui”. E a mettere un punto sulla posizione del governo è ancora una volta lo stesso Monti: “Con questo decreto – dice – abbiamo una creatura blindata dal punto di vista della sua applicazione”.
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