Roma, 7 mar. (LaPresse) – “Io non ho mai chiesto protezione al capo dello Stato”. Lo ha detto l’ex ministro dell’Interno, Nicola Mancino, che oggi é stato rinviato a giudizio dal gup di Palermo per falsa testimonianza nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta trattativa tra lo Stato e la mafia. Mancino ha fatto riferimento alle telefonate intercorse con il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, il 24 e il 31 dicembre 2011. Riferendosi ai colloqui telefonici con l’ex consigliere giuridico del Colle, Loris D’Ambrosio, Mancino ha detto: “Mi sono lamentato del pregiudizio che avvertivo sulla mia pelle dagli inquirenti di Palermo”.

“Ritengo di non aver mai consumato falsa testimonanza”, ha detto ancora Mancino. “Tra le dichiarazioni rese in udienza dal pubblico ministero De Matteo – ha sottolineato – sarei stato reticente nel non spiegare i passaggi che consentirono a me di diventare ministro dell’Interno e a Scotti di diventare ministro degli Esteri. Devo ricordare che nella Democrazia cristiana dell’epoca, Forlani, segretario del partito, pose il problema dell’incompatibilità tra la carica di ministro e quella di parlamentare”.

“Ho intenzione di seguire il mio processo perchè devo difendere il mio onore e la mia onestà”, ha poi annunciato . “Non sono mai stato costretto ad arrossire di fronte a comportamenti eticamente incoerenti”, ha sottolineato l’ex presidente del Senato. “Io – ha continuato – non mi sono mai dovuto dimettere da nessun incarico per qualsiasi avviso di garanzia”. “Avevo chiesto – ha spiegato – un giudizio separato perchè non ritengo di stare in compagnia di quelli che ho combattuto, di chi ha lanciato bombe, di quelli che hanno ucciso, di quelli che hanno ucciso ragazzi nell’acido”. “Ritengo di aver servito lo Stato e non credo sia giusto mettermi nella trattativa, che non mi riguarda”, ha aggiunto l’ex presidente del Senato.

“Io non ho mai saputo niente della trattativa” tra lo Stato e la mafia “e nessuno me ne ha mai parlato”, ha concluso. “Della trattativa – ha spiegato Mancino – non me l’hanno detto i Ros, il capo della polizia e chi ricopriva incarichi alti al Viminale”.

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