Roma, 31 mar. (LaPresse) – “Io sono profondamente grato al mio Paese. All’Italia devo tutto. Per questo mi fa male vederla così. E avverto la necessità di alzare la voce, per segnalare qualche pericolo e qualche opportunità”. Così il maestro Riccardo Muti, in una intervista al Corriere della sera. “L’Italia di oggi – spiega – non sa più soffrire e non sa più sorridere. Ha smarrito non solo il senso degli enormi sacrifici dei padri, ma anche la loro gioia di vivere. La Spagna è messa peggio di noi, però ha ancora vitalità, joie de vivre, quell’attitudine che un tempo ci rendeva simpatici al mondo e ora abbiamo perduto. A Chicago vedo tanti ragazzi italiani, gente in gamba, che è dovuta fuggire. Non voglio fare il ‘laudator temporis acti’, ho sempre detestato chi diceva: ‘Ai miei tempi’. Ma questo è un Paese malato, molto diverso da quello che sognavamo da ragazzi”.

Grillo “Mi ricorda Iago – continua Muti – che nell’Otello dice: ‘Io non sono che un critico…’. Criticare senza dare soluzioni credibili possono farlo tutti. Se dirigessi un’orchestra dicendo solo quello che non va, non risolverei nulla. Gli italiani si sono stancati della vecchia politica, ma ora hanno bisogno di vedere una luce in fondo al tunnel, e di qualcuno che li guidi verso la luce. Invece sento invocare dittature, ‘il 100% dei voti’: un’avventura che abbiamo già conosciuto, finita malissimo. E poi questo turpiloquio mi fa orrore. Un segno di abbrutimento”.

“Essere artista – prosegue – non significa fare lo scapigliato, un po’ folle, con la barba e i baffi lunghi e le parole in libertà, sempre ad agitare le mani con violenza e a insultare gli interlocutori. Non pretendo che tutti debbano essere come Bach, solennemente seduto al suo organo a comporre opere da consegnare a Dio e all’umanità, concependo nelle pause un sacco di figli. Un modello di artista per me è Toscanini, uomo di grande semplicità, eleganza, coscienza civile. O come Verdi. Uomini per cui la forma è contenuto”.

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