Roma, 18 apr. (LaPresse) – I voti di Pdl e Pd non basteranno per l’elezione di Franco Marini alla presidenza della Repubblica. Dopo il forfait di Sel, che questa mattina durante la riunione a Montecitorio all’unanimità ha deciso di votare Stefano Rodotà (candidato del Movimento 5 Stelle), e l’annuncio ieri sera di Roberto Maroni, che ha presentato come candidato della Lega Manuela Dal Lago, le risorse dei due partiti sono ridotte all’osso. Sulla carta Berlusconi e Bersani possono contare alla Camera 390 grandi elettori e al Senato 198: in tutto 588 preferenze (senza contare i delegati delle Regioni) a cui si aggiungono senatori e deputati di Scelta civica (47 alla Camera e 21 al Senato) per un totale di 656 voti, che non raggiungerebbero nelle prime tre elezioni la fatidica soglia di 672.

Nelle fila del Pd inoltre bisogna registrare la defezione dei cosiddetti renziani, circa una cinquantina, che hanno annunciato un voto contrario all’ex presidente del Senato. Numero che potrebbe lievitare, dal momento che a dire no a Marini ieri sera sono stati ancora di più: 90. E non è affatto detto che i circa 40 di differenza si adeguino per disciplina di partito. Insomma i voti sicuri per Marini non sono neanche 600. Dalla quarta votazione le preferenze necessarie a eleggere il capo dello Stato scendono a 504, e a quel punto l’ex Margherita potrebbe farcela.

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