Quirinale, Napolitano è rieletto presidente

Roma, 20 apr. (LaPresse) – Alla fine quello che tanti parlamentari Pd fino a tarda notte definivano “l’unico miracolo che può salvarci” succede. Giorgio Napolitano accetta di rimanere al Quirinale per un secondo mandato. Si torna in aula e si vota per la sesta volta: sono 738 le preferenze espresse per Giorgio Napolitano. Si tratta di 12 voti in meno rispetto al numero complessivo di parlamentari, 750, delle forze che lo sostenevano: Pd, Pdl, Scelta civica e Lega. Insomma anche in questo caso c’è qualche dissidente nel Pd. Stefano Rodotà invece raccoglie 217 voti, più dei 200 su cui possono contare complessivamente Movimento 5 Stelle e Sel.

“Nella consapevolezza delle ragioni che mi sono state rappresentate, e nel rispetto delle personalità finora sottopostesi al voto per l’elezione del nuovo Capo dello Stato, ritengo di dover offrire la disponibilità che mi è stata richiesta”, dichiara Napolitano subito dopo pranzo, dopo aver ricevuto in mattinata – “su loro richiesta”, precisa il Quirinale – il segretario dimissionario del Pd Pier Luigi Bersani, il leader del Pdl Silvio Berlusconi, il premier in carica e leader centrista Mario Monti e una delegazione di Governatori.

“Mi muove in questo momento il sentimento di non potermi sottrarre a un’assunzione di responsabilità verso la nazione – spiega il Capo dello Stato – confidando che vi corrisponda una analoga collettiva assunzione di responsabilità”. È innanzitutto il Pd a tirare un sospiro di sollievo. Con Napolitano in campo i Dem non sono costretti ad accettare un candidato ‘dettato’ da Beppe Grillo, né ad eleggere uno esclusivamente grazie ai voti del centrodestra, non potendo contare sull’unità interna. “Napolitano ha deciso di prendersi qualche ora di tempo per decidere – confida un alto dirigente Pd in mattinata – ma è la sua riconferma è l’unica cosa a cui stiamo lavorando”.

L’apertura di Napolitano arriva, Bersani riunisce i suoi e la candidatura ottiene una maggioranza schiacciante. Immediato arriva il sì al mandato bis anche da Pdl, Lega e Scelta civica. Si chiama fuori, invece, Sel che decide di votare Stefano Rodotà. “Si va verso il Governissimo, è una sciagura per il Paese”, attacca Nichi Vendola che si dice “umanamente dispiaciuto” per Bersani ma pronto a costruire “un nuovo cantiere per un partito di sinistra”. L’ipotesi Governissimo Pd-Pdl intanto prende quota. Trasversalmente tra i gruppi si inizia a parlare di un Governo di larghe intese guidato da Giuliano Amato, con Enrico Letta e Angelino Alfano vicepremier.

A non essere più sicuro di nulla è il Pd: “Vediamo con quanti voti riusciamo ad eleggere Napolitano – spiegano fonti parlamentari Dem – poi penseremo al Governo”. Contrario al Governissimo anche il M5S. “Il nostro non è un no a Napolitano – spiega la capogruppo alla Camera Roberta Lombardi – è un sì a Rodotà”. “Troviamo assurdo – le fa eco il suo omologo al Senato Vito Crimi – che si subordini l’elezione del garante della Costituzione a futuri disegni politici”. A rincarare la dose come solo lui sa fare, però, è Beppe Grillo. “È in atto un colpo di Stato”, scrive sul suo blog nvitando tutti i suoi sostenitori a Roma. “Non è accettabile che venga qualificato con l’etichetta infamante di ‘golpe’ il percorso limpidamente democratico che ha portato all’elezione del Capo dello Stato”, rispondono Grasso e Boldrini in una nota congiunta. Ma intanto la piazza esplode.