Roma, 10 lug. (LaPresse) – Il Pdl dà battaglia dopo la decisione della Cassazione di fissare l’udienza sul processo Mediaset al 30 luglio. La seduta è stata sospesa sia alla Camera che al Senato per riunire le conferenze dei capigruppo. Il capogruppo alla Camera del Pdl Renato Brunetta ha avanzato la richiesta di sospendere per tre giorni i lavori. I senatori del Pdl si riuniranno in assemblea permanente a partire dalle 12.30. All’incontro parteciperà anche il segretario del partito Angelino Alfano insieme a tutta la delegazione dei ministri Pdl, mentre non dovrebbe essere presente Silvio Berlusconi.
Il capogruppo al Senato Renato Schifani è intervenuto in aula a palazzo Madama per chiedere “formalmente la convocazione di una Conferenza dei capigruppo, analogamente a quanto sta già accadendo alla Camera dei deputati”, spiegando che “abbiamo esigenza di rappresentare alla conferenza dei capigruppo il fatto che riteniamo, così come il Gruppo della Camera dei deputati, di dover tenere una riunione di Gruppo urgente, che ci impegni sui temi della politica di queste ultime ore”.
Polemiche da Pd e Movimento 5 Stelle. “Non si capisce ancora se si tratti di azioni tattiche di guerriglia – commenta il senatore Stefano Esposito del Pd – ma ciò che è certo è che il Paese in questa situazione non può permettersi un parlamento bloccato e nemmeno un’ora di tatticismo. Se il Pdl andrà oltre il tratticismo, mettendo in pratica le minacce, si profila una situazione davvero difficile sino al 30 luglio”.
Per il senatore del M5S Mario Giarrusso è “inaudito interrompere i lavori per un pluripregiudicato condannato. Se a causa del Pdl ci sarà uno stop dei lavori ci riuniremo e valuteremo che fare”.
Al Senato all’ordine del giorno c’era la riforma costituzionale, mentre alla Camera era previsto il voto sulla insindacabilità di Silvio Berlusconi davanti alla Consulta sulla vicenda del contenzioso con Antonio Di Pietro. L’ufficio di presidenza di Montecitorio ieri ha deciso a maggioranza che la Camera rinuncerà a sostenere Berlusconi ma l’ultima parola spetta all’aula. La vicenda riguarda la scelta di difendere o meno l’ex premier davanti alla Consulta nella causa intentatagli da Di Pietro, che aveva querelato il Cavaliere per aver affermato, nel corso di un comizio elettorale nel 2008, che la sua laurea in legge fosse falsa. Berlusconi era ricorso all’articolo 68 della Costituzione (che sancisce l’insindacabilità dei parlamentari, ndr.) chiedendo l’immunità.
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