Roma, 11 lug. (LaPresse) – Monta lo scontro politico sulla sentenza del processo Mediaset, in dirittura d’arrivo a fine mese, per la quale Silvio Berlusconi rischia l’interdizione dai pubblici uffici. Oggi il conflitto si è trasferito nella Giunta delle elezioni del Senato, che si è riunita specificamente per valutare se Berlusconi, in quanto titolare di concessioni governative, sia, secondo la legge 361 del 1957, eleggibile. Al centro sempre lo stesso punto: se Berlusconi debba perdere il seggio in Senato. Tecnicamente, la valutazione della Giunta si incrocia col processo Mediaset dal momento che il ruolo di Berlusconi dentro l’azienda, e quindi la sua responsabilità riguardo alle irregolarità accertate, è alla base della condanna sulla quale è attesa la valutazione della Cassazione.

CASSON CHIEDE ACQUISIZIONE ATTI PROCESSO MEDIASET. Proprio per questo il senatore Pd Felice Casson chiede “l’acquisizione delle carte della sentenza d’appello di Milano” perché “contiene elementi utili ai fini di valutare l’eleggibilità di Berlusconi”.

PDL: “NON E’ BERLUSCONI IL TITOLARE DELLE CONCESSIONI TV”. “Sentenze passate in giudicato attestano che Berlusconi non agisce come capo di Mediaset, che non è lui il titolare della concessione governativa”, risponde il senatore Pdl Lucio Malan. “Se Berlusconi – prosegue – fosse giudicato ineleggibile, lo sarebbero tutti gli azionisti, anche quelli che possiedono una sola azione, di aziende titolari di concessioni governative. Parliamo di migliaia di persone”.

CASSON CHIEDE ACQUISIZIONE CONCESSIONI TV DI MEDIASET. Per verificare questo punto Casson chiede allora anche l’acquisizione della concessione governativa di trasmissione di Mediaset.

PDL: “CONCESSIONE NON ESISTE”. Ma il senatore Pdl Giacomo Caliendo risponde che l’atto di concessione “non esiste”. La concessione, spiega poi il senatore Pdl Lucio Malan, “c’è ma si struttura in modo diverso”. “Non ci sarebbe un pezzo di carta che dice che Mediaset è autorizzata – sottolinea – e l’unica cosa che concede la concessione è la legge che regola la trasmissione radio-tv”.

M5S: “SE NON C’E’ LA CONCESSIONE, MEDIASET VA OSCURATA”. Secca la risposta del M5S: “Bisogna verificare immediatamente quanto affermato in giunta dal collega del Pdl – dice Mario Giarrusso, capogruppo in Giunta dei grillini – in ordine alla inesistenza di atti concessori o autorizzatori alle trasmissioni Mediaset. Se fosse vera questa circostanza bisognerebbe trarne le inevitabili conseguenze previste della legge per chi trasmette le necessarie autorizzazioni. Delle due l’una: o ha ragione il senatore del Pdl e Mediaset non può trasmettere o abbiamo ragione noi e Berlusconi è ineleggibile”.

PD SPACCATO. Sulla questione il Pd è spaccato: per il capogruppo alla Camera Roberto Speranza “secondo la legge del ’57, Berlusconi non è ineleggibile quindi noi come sempre abbiamo fatto rispetteremo la legge”. “Questo è anche l’orientamento del segretario nazionale ed è condivisibile”, sottolinea Speranza, tagliando corto su ciò che avviene in Senato: “Lì la procedura è lunga e c’era bisogno di una più ampia discussione”. In ogni caso per Speranza “un partito non può ‘stirare’ una legge per motivi politici: “Resto dell’idea – conclude – che noi dobbiamo battere Berlusconi sul piano politico, non su altri terreni”.

Di parere opposto ovviamente Casson: “Non mi risulta che il Pd – risponde a distanza – sia contrario a votare l’ineleggibilità di Silvio Berlusconi. Speranza è il capogruppo alla Camera, qui al Senato a nessuno risulta”. E se dovesse arrivare una direttiva del partito in questo senso? “La giunta è un organo paragiurisdizionale – risponde – ogni membro decide in scienza e coscienza. Non temo una spaccatura del Pd – conclude – la Camera è una cosa. Qui siamo al Senato”.

RESTA PER BERLUSCONI INCOGNITA DELLA INTERDIZIONE DAI PUBBLICI UFFICI. Ma al di là della valutazione sull’ineleggibilità, resta sul tavolo la sentenza in arrivo dalla Cassazione. Casson è lapidario: “Se si dovesse arrivare a una sentenza definitiva di condanna” per Berlusconi, come “per chiunque riceva una condanna superiore a 3 anni, scatterebbe immediatamente l’interdizione dei pubblici uffici e il Senato dovrebbe prenderne atto. È una cosa semplice e rapida”. Se il Senato si opponesse, conclude, “la magistratura potrebbe rivolgersi alla Corte costituzionale per un conflitto di attribuzione e vincerebbe di certo”.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata