Roma, 26 lug. (LaPresse) – E’ di nuovo battaglia all’interno del Pd alla luce di una riunione della direzione che ha visto il partito spaccarsi sulla proposta del segretario nazionale, Guglielmo Epifani, sulle regole per la designazione del suo successore. L’ipotesi messa in campo dall’ex segretario generale della Cgil è quella di una platea ristretta ai soli iscritti, con la formalizzazione delle candidature solo dopo i congressi dei circoli regionali e provinciali. Un’idea che ha registrato l’adesione dei suoi fedelissimi, a partire dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, che ha detto: “Credo giusto che il segretario venga eletto dagli iscritti nel modo più coinvolgente possibile”. Favorevoli, tra gli altri, anche l’ex numero uno del partito del Nazareno, Pier Luigi Bersani per cui “le primarie per il segretario devono essere aperte a chi aderisce al Pd” e il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano che pensa “che la scelta del segretario debba spettare agli iscritti del partito”.
La proposta di Epifani ha però surriscaldato da subito gli animi già caldi dei renziani e quelli dei giovani turchi, in rivolta contro l’idea di escludere i non tesserati dalla scelta del nuovo leader. Pippo Civati tuona contro Franceschini, definendolo “il lontano parente di quel Franceschini che nel 2009 parlava di partito aperto contro il chiuso Bersani” e detta la sua linea: “Credo che segretario lo debbano scegliere gli elettori, anche se poi si candidasse a premier qualcun altro”.
Il fronte più ostile è quello dei renziani: Paolo Gentiloni scrive su Twitter che “la direzione eletta 4 anni fa sta discutendo come cambiare faccia e natura del Pd”, Angelo Rughetti ironizza e sottolinea: “Epifani per le primarie suggerisce una platea più ristretta. Propongo che votino Bersani, Stumpo e Zoggia. Ihihihih”. E ancora, il giovane turco Matteo Orfini che non usa mezze parole: “La proposta sulle regole avanzata da Epifani non va bene. In un momento difficilissimo per il Pd non possiamo chiuderci nelle nostre paure”. Si defila, al momento, il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che sceglie di non intervenire durante la direzione e al termine della riunione lascia la sede del partito di via Sant’Andrea delle Fratte un po’ infastidito dal pressing dei giornalisti.
La mancata votazione sulla relazione del segretario al termine della riunione è la cartina al tornasole di una giornata che ha diviso ancora una volta il partito. Una frattura che il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha cercato di rimarginare subito durante il suo intervento: “Siamo un partito e non un gruppo misto, uniti non ci batte nessuno”. E poi ha richiamato all’esigenza di un segretario leader: “Serve un segretario – ha detto – che lavori a preparare un partito che quando ci saranno le nuove elezioni sia pronto a competere e a vincere”. Rientrato, invece, l’allarme per la data del congresso, che negli scorsi giorni aveva visto i renziani pronti all’ennesimo pressing. “Tagliamo la testa al toro, anche se non mi spetta, la mia indicazione è di fare il congresso entro novembre”, ha detto Epifani.
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