Roma, 6 ago. (LaPresse) – “Silvio Berlusconi non è stato condannato ‘perché non poteva non sapere’, ma ‘perché sapeva’: era stato informato del reato”. Il giudice Antonio Esposito, presidente della sezione feriale della Cassazione, spiega così in un’intervista a ‘il Mattino’ la sentenza di condanna per il Cavaliere. “Nessuna fretta nel processo. Abbiamo solo attuato un doveroso principio della Cassazione, quello di salvare i processi che rischiano di finire in prescrizione” aggiunge. Dichiarazioni, quelle di Esposito, che hanno immediatamente scatenato la reazione della politica, tanto da spingerlo a smentire parte dell’intervista.
IL MATTINO: INTERVISTA LETTERALE. “Posso confermare – è stata la replica del direttore del Mattino, Alessandro Barbano a RaiNews24 – che l’intervista trascrive in forma letterale logica e sintattica le espressioni come pronunciate da Esposito, non è stata aggiunta nemmeno una virgola, né una interpretazione, il testo è letterale e siamo pronti a fornire prova. Mi pare che leggendola, chiunque capisca che l’intervista si è svolta così. A posteriori il presidente della Cassazione avrà valutato il ritorno non positivo di queste dichiarazioni, ma di questo non si dia colpa ai giornalisti ma alla responsabilità di chi parla”.
“Nell’intervista – dice Barbano – abbiamo scritto che Esposito sostiene che la condanna non è frutto di una presunzione del diritto: cioè Berlusconi, in quanto capo, poteva anche non sapere teoricamente, ma sapeva ed era stato informato del reato, perché ci sono Caio, Tizio e Sempronio che dicono di averglielo riferito. Bisognerà capire chi sono Caio, Tizio e Sempronio nelle motivazioni della sentenza”. “Però – aggiunge Barbano – non è una colpa da attribuire ai giornalisti ma alla responsabilità e alla maturità di chi parla”.
GHEDINI: AUTORITA’ VERIFICHINO ACCADUTO. “È evidente – è la replica del legale di berlusconi, Niccolò Ghedini – che gli organi competenti dovranno urgentemente verificare l’accaduto che non potrà non avere dei concreti riflessi sulla valutazione della sentenza emessa”. “Il fatto in sé – aggiunge – è ovviamente gravissimo e senza precedenti”.
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