Roma, 22 set. (LaPresse) – Ennesima polemica nel Governo. Questa volta al centro finisce il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, che sarebbe, secondo il Corriere della sera, vicino alle dimissioni, stretto tra la necessità di riportare i conti pubblici sotto controllo con un deficit sotto il tetto del 3% sul Pil, e le pressioni del Pdl, che sull’Imu non arretrano di un millimetro. Il ministro non smentisce il Corriere e ai cronisti che lo incontrano a Chianciano, a margine della cerimonia del raduno degli ex finanzieri, spiega: “Gli italiani credo meritino di sapere esattamente le cose come stanno e non soltanto slogan di carattere propagandistico”.

In suo soccorso accorre il viceministro, Stefano Fassina, che lo definisce “molto preoccupato rispetto alla situazione della finanza pubblica italiana e alla demagogia che segna una parte della maggioranza”. Che rilancia: “L’invito che rivolgo è quello di confermare l’eliminazione dell’Imu per il 90% delle famiglie e lasciarla sul 10% delle abitazioni di maggior valore”, quelle sulle quali si paga “mille euro o più”. “Così recuperiamo un miliardo”. “Noi non vogliamo – sottolinea – l’aumento dell’Iva e siamo convinti che vada evitato. Ma bisogna fare delle scelte. Nei prossimi mesi – precisa – serviranno un miliardo per evitare l’aumento dell’Iva, 2,4 per evitare la seconda rata dell’Imu, 1,6 miliardi per tornare sotto il tetto del 3%, e altre risorse per le missioni internazionali e per rifinanziare la cassa integrazione in deroga”. Se non si trova l’accordo e cade il governo, è il suo allarme, “rischiamo seriamente di tornare al novembre 2011, di bruciare i sacrifici fatti e il commissariamento della trojka”.

Ma se da palazzo Chigi fanno sapere che il premier Enrico Letta sostiene il proprio ministro dell’Economia, nel Pdl si scatena un fuoco di fila di comunicati che gli chiedono di venire allo scoperto, e di dimettersi piuttosto di avanzare minacce. Il primo è Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato, che invita Letta a rilevare le deleghe di Saccomanni: “Saccomanni – dice – fa fatica a gestire una situazione economica complessa che richiede ben altro spirito di iniziativa e maggiore capacità di visione. Penso da tempo che altre scelte per il ministero sarebbero migliori. A partire da una diretta responsabilità di Letta in materia economica. Le minacce di Saccomanni non fanno paura a nessuno”.

Dello stesso avviso il collega di partito Altero Matteoli: “Le scelte del governo – afferma – non possono dipendere solo dalla volontà del ministro dell’Economia, nella fattispecie un tecnico. Se Saccomanni non condivide, come sembra, la scelta di non aumentare di un punto l’Iva e forse anche di cancellare l’Imu sulla prima casa, ha il diritto di lasciare ma non di minacciare le dimissioni per far passare la sua linea”. E se per Daniela Santanché “le dimissioni non si minacciano ma si danno”, secondo Fabrizio Cicchitto “Saccomanni crea un bel problema se pretende di diventare da ministro tecnico dell’Economia il vero presidente del Consiglio”.

Dalla Lega, intanto, con il responsabile economia del partito Maurizio Fugatti, arriva una sarcastica bocciatura (“la minaccia di dimissioni del ministro Fabrizio Saccomanni sono la prima buona notizia che arriva dal governo Letta”), e non va meglio neanche con l’Idv. “Abbiamo suggerito più volte a Saccomanni – sottolinea il segretario del partito, Ignazio Messina – che se venissero venduti i titoli confiscati alla mafia, presenti nel Fondo Unico Giustizia, si potrebbe ricavare un fondo di circa un miliardo di euro”. E aggiunge: “Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”.

L’unica “piena solidarietà al ministro Saccomanni” arriva invece da Linda Lanzillotta, di Scelta civica, secondo la quale il titolare di via XX settembre è “sottoposto a inaudite pressioni da parte di Pd e Pdl e costretto ad adottare decisioni sbagliate sul piano economico e devastanti per l’equilibrio dei conti pubblici”.

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