Roma, 1 ott. (LaPresse) – Una maggioranza non risicata nei numeri e segnata politicamente da un’uscita netta di parlamentari dal Pdl-Forza Italia che possa costituire un nucleo parlamentare coeso e con un ruolo possibile nel futuro scacchiere politico italiano. È questa la condizione (sia per una sopravvivenza dell’attuale governo letta sia per un eventuaule Letta-bis se si dovesse seguire la prassi classica delle crisi parlamentari, con le dimissioni dell’esecutivo e un reincarico formale al premier uscente) che pare farsi strada all’interno del Pd e che per ora non pare trovare dissensi nelle varie anime del partito.

La discussione di questa posizione si aprirà nella segreteria aperta poco fa dal segretario Guglielmo Epifani e proseguirà durante l’intera giornata, per culminare con la riunione dei gruppi di Camera e Senato del Pd, fissata per questa sera. Un atteggiamento del Pd che dovrà tener conto (e ne sarà inevitabilmente condizionato) di un altrettanto decisivo iter politico che avrà anch’esso delle tappe importanti nella giornata odierna, a cominciare dal vertice fissato per le 12 a Palazzo Grazioli tra Silvio berlusconi, Angelino Alfano, Denis Verdini e gli altri dirigenti del partito: quello delle ‘colombe’ e dei moderati del Pdl-Forza Italia che dovranno decidere se seguire la linea dettata ieri dal Cavaliere oppure compiere il passo della rottura con il capo del centrodestra.

Se ciò avverrà e con numeri importanti, allora il Pd prenderebbe atto dell’esistenza di una maggioranza alternativa, diversa ma solida per il governo Letta o per un eventuale Letta-bis. In caso contrario (numeri ballerini e incerti o una maggioranza risicata e in grado di assicurare soltanto quel ‘governicchio’ già bocciato sia dai renziani che da Massimo D’Alema) il partito potrebbe ritrovare una qualche unità su una scelta che acceleri lo scioglimento delle Camere e il ricorso al voto anticipato. Un percorso, quest’ultimo che, una parte del Pd non esclude neppure di percorrere accettando il calendario ipotizzato dallo stesso Berlusconi: e cioè un ricorso alle urne addirittura prima di Natale.

Tra i sostenitori di questa soluzione, sono in molti infatti a ricordare “l’errore del dicembre del 2011, quando dopo la caduta del governo Berlusconi, decidemmo di appoggiare l’esecutivo Monti rinunciando a delle elezioni anticipate che avrebbero registrato, per noi, un risultato molto diverso da quelle del febbraio scorso”. Ma è proprio questa ‘scelta elettoralistica’ che, prima di trovare attuazione, dovrà fare i conti, prima ancora che con l’ala ‘governativa’ del partito, con la volontà di Giorgio Napolitano e con quel suo impegno (pronunciato nella sua ormai famosa ‘requisitoria’ del discorso di insediamento) di non essere più un presidente della Repubblica costretto a sciogliere il Parlamento per la terza volta in otto anni, preferendo invece rassegnare le dimissioni piuttosto che rompere il patto costitutivo del ‘governo di larghe intese’ improntato su una durata dell’esecutivo e della ‘vita’ delle Camere che avesse come obiettivi cogenti quelli di consentire il risanamento economico del Paese e la riforma elettorale prima di un pronunciamento della Corte Costituzionale sul Porcellum (con l’aggiunta, in questi giorni, anche di un possibile provvedimento di amnistia). Se i numeri restassero comunque risicati, il Pd potrebbe opporsi alla decisione del Quirinale di cercare comunque una soluzione per un esecutivo sia pure di breve durata e di scopo (più difficile con una ricandidatura di Letta e affidato invece a personalità come il ministro Fabrizio Saccomanni, il presidente del Senato Pietro Grasso o il giudice costituzionale Giuliano Amato).

Anche questa è una delle decisioni che dovranno emergere dalle riunioni dei democratici che andanno in scena nella giornata, durante le quali i contatti con Palazzo Chigi saranno continui e che non potranno non tener conto delle posizioni dello stesso Enrico Letta che, se da una parte resta il vero capo dei ‘governativi’ del Pd e di chi sostiene la necessità di fare tutti gli sforzi possibili per assicurare all’Itala un esecutivo efficiente nei prossimi mesi, dall’altra appartiene anche lui allo schieramento di chi ritiene indispensabile, per che ciò avvenga, che la rottura del Pdl-Forza italia sia consistente e netta, consentendo soprattutto il sorgere di un polo dei ‘moderati’ che oltre a sostenere un possibile governo tenti anche di costruire un’area politica di centrodestra ancorata al Partito Popolare europeo. Una questione strategica anche rispetto alla possibilità o meno di far diventare indispensabili per l’esistenza di un governo gli attuali 7 sentori di Sel ed eventualmente i 4 ‘transfughi’ del M5S iscritti al gruppo misto.

Una presenza nell’eventuale maggioranza giudicata però da molti foriera di future incertezze e fibrillazioni e che non è vista di buon grado sia dai centristi di Monti e Casini che dai possibili ‘fuoriusciti’ del Pdl-Forza Italia. Decisive, a questo punto, le scelte delle ‘colombe’ del fronte berlusconiane, tra le quali le posizioni di rottura dei ministri Gaetano Quagliariello e Beatrice Lorenzin vengono ormai ascritte al gruppo di chi avrebbe già deciso l’uscita dal Pdl-Forza Italia, mentre in forte difficoltà e sul procinto di decidere vengono indicati i due leader della rappresentanza di Comunione e Liberazione nel centrodestra, il ministro Maurizio Lupi e il deputato ed ex ‘governatore’ della Lombardia Roberto Formigoni. Resta invece ancora enigmatico per ora il comporatamento del segretario del Pdl, vicepremier del governo Letta e ministro dimissionario degli Interni Angelino Alfano che da qualche minuto ha cominciato a Palazzo Grazioli la riunione con Berlusconi e con gli altri vertici del partito. É la scelta di Alfano dunque (che se rompesse potrebbe scatenare lo ‘smottamento’ soprattutto dei senatori del Pdl eletti in Sicilia e in Campania e quello dei 10 senatori raccolti nel gruppo Grandi Autonomie e Libertà) a determinare i possibili sviluppi di questa difficile crisi istituzionale. Alfano romperà con il ‘padre padrone’ Berlusconi o, restando nel Pdl-Forza, attenuerà di fatto la grande fuga (soprattutto) dei senatori e, di fatto, renderà difficile al Quirinale gestire una prosecuzione della legislatura? Il pomeriggio e la serata di oggi saranno pertanto decisivi sia sul fronte del Pd che su quello del Pdl-Forza Italia.

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