Berlusconi apre a Renzi: Sì al 38% ma niente ballottaggio

Roma, 28 gen. (LaPresse) – E’ stallo sulla legge elettorale. Il Pd ritira gli emendamenti ma Forza Italia mantiene i suoi e i piccoli partiti chiedono un rinvio. Il Pd di Matteo Renzi ha deciso di mantenere in piedi solo tre proposte di modifica che prevedono la delega al governo per ridisegnare i collegi, le primarie facoltative e l’innalzamento, dal 35% al 38%, della soglia di sbarramento per accedere al premio di maggioranza. Proprio quest’ultimo punto, però, è materia di scontro con Fi. E restano poi altri 250-260 emendamenti sul tavolo, presentati dagli altri partiti.

BERLUSCONI: SI’ AL 38% MA SENZA BALLOTTAGGIO. A metà giornata si diffonde la voce di un nuovo incontro tra Renzi e Berlusconi per dipanare la matassa. Ma il segretario Pd, da Firenze, fa sapere che non c’è alcun faccia a faccia in programma. “Il problema non è se ci incontriamo o no”, spiega. “Abbiamo messo in piedi un’ottima bozza di accordo – aggiunge -. Noi tutto quello che potevamo fare l’abbiamo fatto, compreso ritirare gli emendamenti. Adesso tocca a chi siede in Parlamento”. Insomma, fa capire, la palla è nel campo di Forza Italia. Nonostante l’ostentata sicurezza, però, Renzi – secondo quanto si apprende da fonti parlamentari – sente Berlusconi al telefono e tratta personalmente. E Berlusconi apre al 38%: in cambio, però, vuole la cancellazione del ballottaggio. Insomma l’accordo sembra vicino, anche se Forza Italia appare divisa sul da farsi e non è chiaro se Berlusconi, complice anche la vicenda Giovanni Toti, che ha riacceso i malumori nel partito, sia in condizione di imporsi con i suoi.

PICCOLI PARTITI: “SERVE PIU’ TEMPO”. Ma al problema si sovrappone anche una seconda questione, quella dei tempi. In aula, infatti, si discute sul decreto Imu-Bankitalia, sul quale Movimento 5 Stelle e Lega stanno facendo ostruzionismo. Risultato: anche i lavori della commissione Affari costituzionali sulla legge elettorale restano bloccati. Proprio alla questione del calendario, perciò, è dedicata una riunione dei capigruppo di oltre due ore. Scendono in campo anche i piccoli partiti, che scrivono alla presidente della Camera, Laura Boldrini, chiedendo più tempo. Nella lettera – sottoscritta da Pino Pisicchio di Centro democratico, Lorenzo Dellai di Popolari per l’Italia, Giancarlo Giorgetti della Lega, Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia e Gennaro Migliore di Sel – viene chiesto di “poter disporre di un tempo ragionevole per poter dignitosamente e responsabilmente di quella che è la legge fondamentale dell’ordinamento politica italiana. Un tempo – aggiungono – che non può essere condizionato dal ‘totem’ della calendarizzazione entro il mese di gennaio solo per consentire il contingentimento dei tempi di discussione nel mese di febbraio. La diversa collocazione politica dei sottoscrittori di questa lettera – concludono – crediamo possa dichiararle, onorevole presidente, la fiducia che si ripone in Lei come garante del pluralismo democratico nella Camera dei deputati”.

LA LEGGE ARRIVA IN AULA GIOVEDI’. Alla fine Boldrini sceglie di fare in fretta. L’approdo del disegno di legge in aula è fissato per giovedì pomeriggio. Intransigente il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, Francesco Paolo Sisto (Forza Italia): “Se qualcuno in commissione vorrà allungare i tempi vorrà dire che parte della discussione si farà in aula”.

BRUNETTA: “LE SOGLIE? ME LE GIOCO AL LOTTO”. Sceglie la via dell’ironia il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta: “5, 8, 12 e 35: giochiamoli al Lotto”, scherza con i giornalisti, citando le diverse soglie previste dall’Italicum. “Li puntiamo” – è l’invito – sulle ruote di Milano, Roma e della città di Renzi, Firenze.