Roma, 13 feb. (LaPresse) – E alla fine Matteo Renzi ha portato a compimento il suo piano. Prima la vittoria alle primarie del partito, stracciando gli altri candidati, poi l’elezione a segretario del Pd e ora, se tutto andrà come previsto, la poltrona più importante, quella di presidente del Consiglio. Senza passare nemmeno dal giudizio degli elettori. Una scalata velocissima, quella del sindaco di Firenze, che oggi ha dato l’ultima stoccata a Enrico Letta, conquistando i favori della direzione del partito. Con 136 voti a favore, 16 contrari e due astenuti, gli stati generali del Pd hanno approvato il documento con il quale il segretario chiedeva, tra le altre cose, la nascita di un nuovo governo in grado di arrivare fino al 2018, al termine, cioè, della legislatura.
LETTA ANNUNCIA DIMISSIONI. Non è bastato il patto di coalizione presentato ieri dal presidente del Consiglio a fargli riconquistare la fiducia del Pd (“Io sono un uomo del Partito democratico”, aveva detto Letta in conferenza stampa). Una discesa rapida, culminata con la decisione che tanti da giorni si aspettavano: domani il premier salirà al Quirinale e rimetterà il proprio mandato nelle mani del capo dello Stato, Giorgio Napolitano. La scelta, ha spiegato Palazzo Chigi in una nota, “è stata determinata “a seguito delle decisioni assunte oggi dalla direzione nazionale del Partito democratico”. Del resto, lo stesso Letta già in mattinata aveva annunciato che non avrebbe partecipato alla direzione e aveva mandato una lettera nella quale spiegava di voler lasciare il segretario e i colleghi di partito liberi “di esprimere valutazioni ed esplicitare le decisioni che ritengono opportune”. Detto fatto. E, ciliegina sulla torta, prima di esprimersi contro la permanenza di Letta a Chigi, Renzi ha voluto ringraziare il premier “per il notevole lavoro svolto”. Serve, ha detto il segretario, “aprire una fase nuova con un esecutivo nuovo che si ponga come orizzonte la fine della legislatura”.
RENZI: NUOVO ESECUTIVO PER USCIRE DALLA PALUDE. Il segretario ricorda ai suoi la necessità di rischiare, per evitare “di vedere il lento logoramento delle istituzioni” e la perdita “di credibilità” e di “competitività economica”. E per uscire “tutti insieme dalla palude”, ha spiegato Renzi, bisogna puntare sul “protagonismo forte” del Pd e avere una “ambizione smisurata”, in grado di dare “risposte reali”.
ALFANO: DIREMO NO A GOVERNO POLITICO. Al termine della direzione del Pd e dopo l’annuncio di dimissioni da parte di Letta, il vicepremier e leader di Ncd, Angelino Alfano ha riunito i suoi in conferenza stampa. “Siamo indisponibili – ha detto – ad aderire a un governo politico che abbia connotati di sinistra, perché noi siamo il centrodestra”. Per questo, ha spiegato, “noi non possiamo aderire a un governo che non sia di necessità o di emergenza”. Patti chiari, quindi: o il nuovo esecutivo permetterà a Ncd di “far valere” le sue istanze, o Alfano e i suoi sono pronti a lasciare la maggioranza.
BERLUSCONI GUIDERA’ PARTITO A CONSULTAZIONI. Nessun commento su quanto accaduto da parte di Silvio Berlusconi, che si è chiuso nella sede del partito a piazza San Lorenzo in Lucina per incontrare una rappresentanza delle istanze dei balneari. Nessuna riunione ufficiale con i suoi, ma a quanto si apprende, sarà proprio lui a guidare la delegazione di Forza Italia al Quirinale per il giro di consultazioni, insieme ai capigruppo di Camera e Senato. Il Cavaliere, non sembra però intenzionato a fare la guerra a Renzi. Pur rimanendo all’opposizione avrebbe chiesto ai suoi di votare provvedimento per provvedimento, così da sostenere – seppur non formalmente – il percorso del segretario Pd verso le riforme necessarie al Paese.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata