Di Nadia Pietrafitta
Roma, 27 ott. (LaPresse) – ‘Questa cosa andava evitata’. A poche ore dalla deposizione al Quirinale del presidente della Repubblica nell’ambito del processo per la cosiddetta trattativa tra Stato e mafia, Emanuele Macaluso, amico di sempre, consigliere e compagno di lunghe avventure politiche di Giorgio Napolitano, ne è sicuro. ‘Sarebbe stato meglio che non fosse stato chiamato a testimoniare – spiega a LaPresse – perché dal momento che il presidente della Repubblica ha detto ‘guardate che io non so nulla’ perché il suo collaboratore (Loris Dambrosio, ndr) non aveva detto nulla, era chiaro che bisognava evitare questa cosa’.
Napolitano avrebbe potuto scegliere di non testimoniare…
‘Lui poteva rifiutare, la legge gli dice che poteva rifiutare. L’ha voluto fare per evitare che ci fosse una speculazione, che già c’è stata, come se chissà cosa sapesse. Il presidente ha già scritto in una lettera che non sa nulla di questa vicenda’.
Secondo lei avrebbe dovuto dire di no?
‘Secondo me avrebbe dovuto dire no; perché mettere in discussione la dichiarazione che aveva fatto il presidente? Non aveva nessuna cosa da dire tranne le cose che aveva detto. La lettera l’ha resa pubblica lui, non è che l’hanno trovata loro’.
Adesso il dibattito è anche sulla riservatezza della seduta o sull’apertura ai media, con la deposizione in diretta streaming dal Quirinale…
‘La legge dice che le sedute questo tipo sono fatte riservatamente. E’ la legge che lo dice. Il presidente doveva forse violare la legge? E’ la legge che prevede una seduta riservata. Poi si saprà: una volta che la testimonianza è acquisita si saprà che cosa ha detto o non ha detto. Non possono entrare i mezzi di comunicazione perché la legge lo dice. Napolitano ha seguito la legge’.
Tante le accuse che sono arrivate al presidente della Repubblica da alcune piazze e alcuni protagonisti della scena pubblica. La scelta di Napolitano di deporre è stata dettata anche dall’antipolitica?
‘In Italia c’è una crisi della politica e una campagna violenta contro la politica. La responsabilità è dei partiti che non sono stati in grado di avere comportamenti in grado di rendere la politica gradita. L’antipolitica c’è sempre stata e c’è in tutto il mondo, basti pensare che negli Usa vota la metà degli elettori. Però una cosa è una quota’ di persone che non vota, ‘qui c’è un’aggressione alle istituzioni, al presidente della Repubblica, al Parlamento e ai partiti. E’ una campagna contro le istituzioni’.
‘All’interno della magistratura – spiega ancora Macaluso – ci sono diverse correnti, finanche guerriglie, basta guardare cosa è successo a Milano o a Palermo. Ci sono i magistrati, e sono la stragrande maggioranza, che svolgono il proprio lavoro di pm e di giudici e c’è un pezzo di magistratura che fa politica, non nel senso che si occupa della politica, ma nel senso che aprono processi in rapporto a battaglie politiche che vogliono fare. Come il caso di Ingroia, che ha aperto il processo sulla cosiddetta trattativa e poi fa un partito e si presenta alle elezioni. Di Pietro si è presentato alle elezioni. Il sindaco di Napoli faceva il magistrato intransigente e ora è sotto processo lui, ha fatto il Masaniello a Napoli. C’è un inquinamento dentro la magistratura, speriamo che ci sia un processo di ripensamento e che la maggioranza’ dei giudici ‘sia in grado di contenere questi fenomeni pericolosi. Quello della magistratura è problema molto serio. La giustizia e la magistratura sono assi fondamentali del sistema democratico. La democrazia è virtuosa con una magistratura virtuosa, se la magistratura non assolve questa funzione è la democrazia che ne soffre’.
Per quanto riguarda la situazione politica della sinistra italiana, Macaluso si definisce né ‘reduce’, né fan della Leopolda. Matteo Renzi le piace?
‘Renzi ha una cultura politica e un modo di fare che non mi appartiene. Io sono per i partiti, la collegialità, i dibattiti, il confronto vero tra maggioranza e minoranza: anche nel Pci era così. Riconosco che ha qualità, ha intelligenza politica e determinazione ma non è quello di cui ha bisogno il Paese. Bisogna ricostruire le forze politiche, i partiti. Non esistono più dal ’92, poi ci fu il partito personale e padronale di Silvio Berlusconi’.
Matteo Renzi è il nuovo Silvio Berlusconi?
‘No, non c’entra niente. Questa tesi non la condivido, non nasce con la destra, ma nel centrosinistra. Non ha conflitti d’interesse o aziende da difendere. Non ha tv, mezzi d’informazione e il potere che aveva Berlusconi. Quello di Berlusconi era un partito anche padronale, questo di Renzi è solo personale’.
Il presidente della Repubblica ha difeso alcuni provvedimenti del Governo. Si direbbe che le tensioni con Renzi sono svanite…
‘Napolitano ha il dovere di garantire il Governo. È stato accusato di difendere Monti, poi Letta, prima addirittura Berlusconi, ma il presidente della Repubblica deve evitare di sciogliere le Camere. È l’ultima ratio. Napolitano ha avuto questa sensibilità con tutti i Governi. È il ruolo che si è scelto e secondo me è quello che la Costituzione gli affida’.
Quelli di Monti e Letta erano più Governi del presidente…
‘Sì, quello di Monti era un Governo del presidente. Era stato scelto per essere l’uomo delle istituzioni, Napolitano lo aveva nominato senatore a vita, e poi ha fatto l’errore gravissimo di fare un partito e candidarsi. Con Letta, dopo che Napolitano ha accettato il secondo mandato date le pressioni di tutti, quello delle convergenze, della grande coalizione era una necessità. Il presidente capiva che l’Italia sarebbe entrata in una crisi gravissima con nuove elezioni’.
Crede che Renzi abbia in programma di andare alle elezioni anticipate?
‘Se Renzi avrà in Parlamento la possibilità di far passare gli atti del Governo non credo decida di arrivare allo scioglimento delle Camere. Se invece si determinerà una situazione di blocco andrà alle elezioni e dirà agli italiani che non vogliono fargli fare le riforme che servono a fare l’Italia nuova’.
Un errore sarebbe secondo Macaluso se la minoranza Pd optasse per una scissione nella speranza di conquistare ‘sterminate praterie’ a sinistra. Secondo lei si arriverà a una scissione dentro il Partito democratico?
‘L’esperienza del passato ci insegna che tutte le scissioni sono fallite, penso al Pci, al Psi. Se i parlamentari della minoranza fanno una scissione sbagliano, devono fare una battaglia politica organizzata dentro questo partito. Che senso ha fare un piccolo partito quando andiamo verso una legge elettorale bipolare. Con il premio di maggioranza alla lista, un piccolo partito non ha più nemmeno il ruolo di supporto alla coalizione. Sarebbe un’avventura senza prospettiva, anche perché ‘i dissidenti’ non sono tutti uniti. Parliamo di minoranze non di minoranza, dovrebbero fare un processo di unificazione, darsi un progetto politico e condurre la battaglia dentro il Pd’.
Renzi ha parlato di partito della Nazione, nascerà una nuova creatura politica?
‘Credo che Renzi userà ancora il simbolo del Pd, perché cambiare il simbolo non credo convenga. Solo che sarà sempre più il PdR, il partito di Renzi. Più che un partito della nazione sarà un partito ‘pigliatutto’ sostanzialmente centrista, nel quale si riconoscono anche le aree moderate. Questo è venuto fuori dalla Leopolda’.
Il Pd è morto o non è mai nato?
‘Come partito non è mai nato, è un aggregato elettorale. Non fa congressi, fa le primarie: l’investitore viene dal popolo e oggi è diventato il partito personale di Renzi. Tra Ds e Margherita ci fu una fusione a freddo per mettere insieme due forze che venivano considerate al capolinea. Io ho sempre sostenuto che anche il Pd sarebbe rimasto al capolinea se non si fosse capito perché ci si era arrivati’.
Il fronte più caldo della spaccatura tra le due anime del Pd è quello dell’abolizione dell’art.18? Renzi dice che porterà a nuovi investimenti…
‘Io non credo questo. Penso che Renzi con questa aggressione ai sindacati stia sbagliando completamente, ma ha una strategia. Deve sfondare nell’area moderata. Non si tratta di creare occupazione, è un fatto politico che fa imbufalire pezzi di sinistra e i sindacati e fa inorgoglire e aderire l’area moderata. È un’operazione eminentemente politica. Che ci sia o non ci sia, per quello che è dopo la legge Fornero e per il numero di persone che ne vengono garantita… be’ non è questo il punto’.
È una strategia che giudica vincente?
‘Lui preferisce perdere qualcosa a sinistra e allargarsi all’area moderata. Pagare un pezzo a sinistra non gli dispiace. Vuole fare un partito centrista, non gli interessa che ci sia un pezzo di sinistra scontento perché è senza prospettiva. Renzi è forte perché a destra e a sinistra non ha alternative. Berlusconi è un residuato di guerra che è costretto a stargli dietro e a sinistra di sono solamente schegge. Non ha alternative né dentro né fuori il partito’.
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