Palermo, 31 ott. (LaPresse) – – “C’era molta vigilanza, molta sensibilità e molta consapevolezza della gravità di questi fatti”. E’ quanto sottolineato martedì 28 ottobre dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel corso della sua deposizione al processo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia in merito agli attentati che si verificarono nel ’93 a Roma, Firenze e Milano. “La valutazione comune – ha aggiunto Napolitano – alle autorità istituzionali in generale e di governo in particolare fu che si trattava di nuovi sussulti di una strategia stragista dell’ala più aggressiva della mafia, si parlava allora in modo particolare dei corleonesi, e in realtà quegli attentati, che poi colpirono edifici di particolare valore religioso, artistico e così via, si susseguirono secondo una logica che apparve unica e incalzante, per mettere i pubblici poteri di fronte a degli aut-aut, perché questi aut-aut potessero avere per sbocco una richiesta di alleggerimento delle misure soprattutto di custodia in carcere dei mafiosi o potessero avere per sbocco la destabilizzazione politico-istituzionale del Paese e naturalmente era ed è materia opinabile”. Gli attentati del ’93, ha affermato Napolitano, furono “un ricatto o addirittura pressione a scopo destabilizzante di tutto il sistema” “probabilmente presumendo che ci fossero reazioni di sbandamento delle Autorità dello Stato”.
LETTERA DI D’AMBROSIO FULMINE A CIEL SERENO – La lettera in cui Loris D’Ambrosio manifestava al presidente della Repubblica i suoi timori di essere stato considerato uno strumento “per indicibili accordi” legati agli anni tra il 1989 e il 1993, fu per il capo dello Stato “un fulmine a ciel sereno”, si legge ancora nel verbale della deposizione. “La lettera per me fu un fulmine a ciel sereno – sono le parole del capo dello Stato -, ne rimasi molto colpito, di riflettei e il giorno dopo lo pregai di venire nel mio ufficio, avendo già redatto una risposta che gli consegnai”.
D’AMBROSIO ASSILLATO DA TELEFONATE CON MANCINO – Loris D’Ambrosio “era un po’ assillato” dalle telefonate con il senatore Mancino, si legge ancopra nella deposizione. Le parole di Napolitano sono in risposta a una domanda del pm, Vittorio Teresi, sulla lettera che l’ex consigliere giuridico del Quirinale inviò al capo dello Stato. Napolitano ha spiegato ai magistrati che D’Amborsio non gli preannunciò mai la lettera, nè la volontà di dimettersi. “Assolutamento no – ha affermato il presidente della Repubblica -, mi aveva solo trasmesso un senso di grande ansietà e anche un po’ di insofferenza per quello che era accaduto con la pubblicazione delle intercettazioni di telefonate tra lui e Mancino”.
D’AMBROSIO UOMO SCONVOLTO – Nella lettera di dimissioni inviata da Loris D’Ambrosio al capo dello Stato, nel giugno 2012, durante i giorni in cui l’ex consigliere giuridico del Quirinale venne tirato in ballo per il contenuto di alcune intercettazioni telefoniche tra lui e l’ex ministro Mancino, “c’era un dato di vera e propria esasperazione”, ha detto il presidente della Repubblica. “Era un uomo profondamente scosso e amareggiato – ha aggiunto il capo dello Stato – perchè vedeva mettere in dubbio la sua lealtà di servitore dello Stato”. Secondo Napolitano quella era la lettera “di un uomo sconvolto, scritta d’impulso, con l’obiettivo di dimettersi e però sapendo che ormai era dentro un certo tipo di movimento di opinione, chiamiamolo così, o comunque di campagna giornalistica che lo stava ferendo a morte”.
MASSIMO CONTRIBUTO PER LA VERITA’ – “Vorrei pregare la Corte e voi tutti – si legge inoltre nella deposizione – di comprendere che da un lato sono tenuto e fermamente convinto che si debbano rispettare le prerogative del capo dello Stato così come sono sancite dalla Costituzione repubblicana. Dall’altra mi sforzo, faccio il massimo sforzo per dare nello stesso tempo il massimo di trasparenza al mio operato e il massimo contributo anche all’amministrazione della giustizia”. Nel corso delle domande poste dal pm Vittorio Teresi, Napolitano ha specificato: “Sono, come dire, certe volte proprio su una linea sottile, quello che non debbo dire non perchè abbia qualcosa da nascondere, ma perchè la Costituzione prevede che non lo dica, e quello che intendo dire per facilitare il più possibile un processo di chiarificazione”. La precisazione è arrivata dopo una domanda del pm Vittorio Teresi sui suoi rapporti con l’ex consigliere giuridico Loris D’Ambrosio.
(Leggi il testo integrale della deposizione sul sito del Quirinale)
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