Di Fabio De Ponte Roma, 6 mar. (LaPresse) – Reintrodurre le soglie di non punibilità, con alcuni distinguo. Questa potrebbe essere l’operazione all’origine dell’allungamento dei tempi che sta tenendo l’emendamento sul falso in bilancio fermo al ministero delle Riforme, atteso da giorni, tra le polemiche, in Senato. A spiegarlo in un’intervista a LaPresse è Enrico Zanetti. Sottosegretario all’Economia, nonché segretario di Scelta Civica, Zanetti, oltre ad aver insegnato proprio bilancio all’università Ca’ Foscari di Venezia, ha le deleghe per il ministero al contenzioso valutario e al contrasto del riciclaggio. Marcato accento veneto, occhiali dalla montatura robusta, ci accoglie nel suo grande ufficio al primo piano di via XX settembre.

“Il falso in bilancio – mette le mani avanti – lo sta curando il ministero della Giustizia laddove invece noi abbiamo trattato tutte le tematiche, altrettanto spinose, dei reati tributari”. Dopo di che spiega: “Sul falso in bilancio il tema è delicato. Concettualmente dire ‘togliamo tutte le soglie di non punibilità’ appare una posizione legalitaria forte e come tale auspicabile da tutti. Quando però arrivi al dunque ti rendi conto che trattare questa materia con l’accetta è complicato. E se non te ne rendi conto da solo, te ne fanno rendere conto i tecnici. Io ho la fortuna di avere, pur essendo un politico, una sensibilità anche tecnica”. Il problema è che dentro un bilancio, spiega, ci sono numeri oggettivi ma anche stime.

“Un conto – dice Zanetti – è far figurare nel conto corrente tre milioni di euro e avere invece il conto vuoto. Un altro conto è indicare il valore di un determinato bene, che magari è anche immateriale, come un brevetto o un marchio, sulla base di una stima errata, segnando un valore di dieci milioni per poi scoprire che ne valeva solo cinque”.

“Mentre nel primo caso – prosegue – la frode è evidente e non ci devono essere soglie di non punibilità, nel secondo caso individuare una soglia di tolleranza permette di evitare la discrezionalità del giudizio e non è una soluzione da amici dei falsificatori”. Alla decisione di evitare le soglie, aggiunge, “si è arrivati d’abbrivio e ora che si è al dunque, ci si rende conto, non più solo alcuni di noi ma anche altri, che ci sono profili problematici oggettivi”.

“E’ una materia difficile – prosegue – sulla quale si è fatta troppa propaganda in passato. Quando si è detto per anni che il reato di falso in bilancio era stato cancellato si è detta una falsità. Il reato c’era. Era stato rimodulato, secondo logiche magari troppo garantiste, ma c’era. Ora c’è il rischio di cadere nell’eccesso opposto”.

E le intercettazioni? “Non mi pare – dice – siano così decisive rispetto al reato di falso in bilancio”. Però è vero anche, ammette, che “l’intercettazione è sempre e comunque utile” come sottolineano i magistrati a individuare le intenzioni di chi compie il fatto. “Io preferirei – sintetizza – pene che consentano il miglior dispiegamento di mezzi probatori ma eviterei di fare di ogni erba un fascio. Meglio essere più rigorosi sulla sanzione, aumentando le pene, e sulla agibilità delle procure, ed essere più consapevoli sul tema delle stime”.

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