di Donatella Di Nitto

Roma, 16 giu. (LaPresse) – Associazione a delinquere, concorso in bancarotta fraudolenta e corruzione per induzione. Questi i reati di cui si sarebbe macchiato Antonio Azzollini, senatore Ncd e presidente della commissione Bilancio del Senato, secondo la procura di Trani, che ne ha richiesto al Parlamento l’autorizzazione all’arresto.

Azzollini sarebbe infatti considerato dal gip, Rossella Volpe, che ha firmato la richiesta, il “capo indiscusso e indiscutibile dell’associazione a delinquere di un gruppo di potere” che avrebbe “saccheggiato” le casse della Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza, causando un “buco” da 500 milioni di euro, oltre 350 dei quali costituiti nei confronti dello Stato.

La corposa documentazione, circa 600 pagine, è oggi sul tavolo della Giunta per le immunità del Senato che a partire dalle 20 ne comincerà l’esame. Relatore del caso lo stesso presidente, Dario Stefano, che conta di presentare il parere dell’organo parlamentare all’aula di palazzo Madama il 24 giugno.á

La Casa della Provvidenza, struttura sanitaria per malati psichici con sedi a Bisceglie, Foggia e Potenza, con il tempo sarebbe diventata secondo la richiesta d’arresto una vera e propria miniera d’ora per assunzioni clienterali, stipendi e consulenze gonfiate.

Da oggi comando io. Se no, vi piscio in bocca”: è questa una frase pronunciata da Azzollini, sempre secondo l’inchiesta dei giudici pugliesi, che segna l’inizio, nel 2009, dell’operazione Casa della Provvidenza. Le suore “dispiaciute”, secondo quanto áemerge dalle intercettazioni, però “ubbidiscono” átanto che per due di loro, suor Marcella e suor Daniela, a chiusura dell’inchiesta scattano gli arresti domiciliari.

L’ex sindaco di Molfetta avrebbe affidato nel corso dell’operazione, a tre fedelissimi l’organizzazione della Congregazione – Angelo Belsito e Rocco Di Terlizzi e dal luglio 2013 Giuseppe Domenico De Bari – dando loro il compito di amministrare “l’Ente secondo i dettami del politico, controllato quotidianamente gli affari, pilotato assunzioni e rapporti negoziali, con tanto di trasmissione in anteprima al politico dei principali provvedimenti attinenti la gestione (bilancio, piano di concordato, progetti di esubero del personale, ecc.)”.

“Il gruppo di potere – si legge nella documentazione á- ha imposto le decisioni relative ai più importanti atti della congregazione. L’istituto diventa dunque una merce di scambio per ottenere favori di varia natura e un fertile humus per interessi illeciti a tutti i livelli della società, dal mondo della sanità a quello dell’imprenditoria, dal mondo politico a quello religioso”.

E non è tutto. Il gip contesta ad Azzollini di “aver assicurato alla Congregazione la proroga legislativa della sospensione degli obblighi fiscali e contributivi per ritardare l’emersione dello stato di dissesto e conseguentemente per neutralizzare la richiesta di fallimento dell’Ente”.

Le indagini della Procura di Trani e della Guardia di Finanza di Bari iniziano nel 2012 dopo la scoperta di un debito da parte della Congregazione di á500 milioni di euro oltre 350 dei quali nei confronti dello Stato. Questo debito portò l’autorità ecclesiastica a mettere sotto amministrazione straordinaria la Casa della Divina Provvidenza nominando come commissario áalla loro guida monsignor Luigi Martella, vescovo di Molfetta.

Le indagini hanno condotto alla scoperta di una serie di conti correnti e di un immobile a Guidonia fittiziamente intestati ad altri enti ecclesiastici paralleli gestiti dalle suore della Congregazione, con l’obiettivo di sfuggire ai creditori, tra cui appunto anche lo Stato. La conclusione dell’inchiesta ha portato a 10 ordinanze di custodia cautelare e il sequestro dell’immobile a Guidonia. In tutto gli indagati sono 25.

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