Di Paola Benedetta Manca

Roma, 29 lug. (LaPresse) – Sergio Lo Giudice, senatore del Pd, è uno dei 96 parlamentari che hanno votato a favore della richiesta di arresto di Antonio Azzollini. La Giunta delle immunità si era espressa a favore della richiesta della magistratura di Trani per gli arresti domiciliari dell’ex-presidente della commissione Bilancio del Senato, coinvolto nella vicenda della casa di cura Divina Provvidenza. Il senatore dem ha spiegato a LaPresse perchè votare contro l’arresto, secondo lui, è stata una “brutta pagina per la politica”.

Senatore lei ha votato a favore dell’arresto?

Sì, e non sono certo stato l’unico. Purtroppo non è bastato. Quella di oggi è stata una brutta pagina per la politica che oggi soffre nelle vele della demagogia e del populismo. Dopo tutti i discorsi sul Pd, partito responsabile, riformista ed europeista, oggi si è data prova di uno squilibrio tra opportunità politica e legalità, prestando il fianco agli attacchi demagogici degli avversari politici.

Perché ritiene che una parte del Pd abbia sbagliato a votare contro la richiesta di arresto di Azzollini?

Innanzitutto è bene chiarire che oggi non dovevamo decidere se Azzollini è colpevole o innocente. Quello lo deciderà un tribunale all’atto della sentenza definitiva. Non dovevamo valutare le carte processuali, quelle sono state valutate dalla Giunta per le autorizzazioni del Senato, che ha dato parere favorevole all’autorizzazione.

Qual era allora il vostro compito?

Il nostro compito era valutare se esiste o no un ‘fumus persecutionis’, cioè il fondato sospetto di un atteggiamento persecutorio dei giudici nei confronti del senatore o nei confronti del Senato. Non dovevamo entrare nel merito dell’accusa a lui rivolta. La Giunta per le autorizzazioni all’arresto aveva già stabilito che non c’era ‘fumus persecutionis’ e grazie anche ai voti del nostro partito. E’ abbastanza contraddittorio, quindi, che poi il Pd abbia lasciato libertà di votare secondo coscienza per l’autorizzazione all’arresto.

Cos’è mancato secondo lei da parte del Pd?

E’ mancato un richiamo al gruppo perché si votasse a favore. La metà dei dem ha votato contro, ma sicuramente lo hanno fatto anche parlamentari della Lega e del M5S per metterci in difficoltà.

Che messaggio è passato con questo voto?

Di sicuro è stato lanciato un segnale negativo. Abbiamo dato l’idea come Pd di non essere sufficientemente ferrei sui principi di legalità, un principio che nella scala delle nostre priorità dovrebbe essere al primo posto, in un Paese divorato dalla corruzione. Invece non è al primo posto.

Il Pd però nei confronti dei suoi membri è severo in tema di legalità.

E’ proprio così. Abbiamo fatto dimettere l’ex ministro Josefa Idem per una sciocchezza. Siamo molto severi verso chi sbaglia dentro il Pd e poi ‘caliamo le braghe’ per motivi di opportunità politica quando si tratta degli altri partiti. Questo non può che creare disaffezione nel nostro elettorato.

Pensa che il vostro elettorato sia scontento?

Certo, una gran parte del nostro elettorato non ci segue più e ora questa pagina di politica lo mette in grandissima sofferenza perché vede uno slittamento del Pd verso posizioni meno rigorose dal punto di vista morale, più simili a quelle degli altri partiti, quando il rigore, invece, è sempre stata una caratteristica della sinistra.

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