Di Donatella Di Nitto Roma, 21 dic. (LaPresse) – Un discorso attesissimo quello di oggi al Quirinale del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alle alte cariche dello Stato. Discorso che non ha tradito le aspettative. Nel suo primo intervento, che fa da preludio al discorso agli italiani di fine anno, Mattarella coglie tutti i temi più importanti, dal terrorismo al dramma dei migranti, dal conflitto tra i istituzioni alle riforme costituzionali, fino a toccare il tema caldo dello scandalo delle banche. Il filo conduttore è comunque unico nel lungo intervento di Mattarella: “Dobbiamo aver cura della Repubblica” e avere cura significa “tutelare e valorizzare il risparmio, elemento di forza caratteristico della nostra economia”.

Mattarella interviene sicuro, non lasciando dubbi: “Di fronte a gravi recenti episodi, relativi ad alcune banche locali” occorre “un accertamento rigoroso e attento delle responsabilità”. Secondo il capo dello Stato infatti “sono di importanza primaria la trasparenza, la correttezza e l’etica degli intermediari, bancari e finanziari” ma oltre alle “a rafforzare le cautele e le regole, bisogna incentivare progetti e iniziative di educazione finanziaria. In questo senso sta utilmente operando la Banca d’Italia”.

Sono tanti i correntisti colpiti dal fallimento delle 4 banche italiane, ma il capo dello Stato vuole anche rassicurare gli italiani sottolineando che “il nostro sistema creditizio ha resistito a colpi della crisi, dimostrandosi più solido di altri. Lo attesta il fatto che non abbiamo dovuto effettuare salvataggi bancari miliardari, a differenza di quanto avvenuto per banche di altri Paesi dell’Unione europea, dove debiti privati sono stati trasformati in debiti pubblici”.

LA RIPRESA C’E’ MA NON BASTA. L’Italia che è ripartita ora non può fermarsi. Il 2015, rileva Mattarella “si chiude con un segno positivo per il Pil e per l’occupazione. Certo, è ancora insufficiente per compiacerci della ripresa, sapendo che un gran numero di nostri concittadini cerca ancora lavoro” ma “questa inversione di tendenza come opportunità”. “Occorre investire sul capitale sociale ” prosegue ed è per questo che “non è lungimirante una visione soltanto economicista dello sviluppo e neppure un confronto limitato all’ultimo decimale del Pil”.

LE RIFORME VANNO PORTATE A COMPIMENTO. Il capitolo delle Riforme costituzionali non manca, con l’augurio di Mattarella che “giungano a compimento in questa legislatura”. Il presidente non entra nel merito “di scelte che appartengono alla sovranità del Parlamento” ma ” osservo soltanto che il senso di in compiutezza rischierebbe di produrre ulteriori incertezze e conflitti, oltre ad alimentare sfiducia, all’interno verso l’intera politica e all’esterno verso la capacità del Paese di superare gli ostacoli che pure si è proposto esplicitamente di rimuovere”.

CONFLITTO TRA ISTITUZIONI. L’inquilino del Quirinale, torna sul conflitto tra le istituzioni, come aveva già fatto in occasione della cerimonia del Ventaglio questa estate e ribadisce come “il rispetto rispetto delle competenze altrui costituisce la migliore garanzia per la tutela delle proprie attribuzioni”. Secondo il capo dello Stato infatti, “è confortante constatare come questa collaborazione sia abitualmente praticata. Talvolta si registra invece con petizione, sovrapposizione di ruoli, se non addirittura conflitto, e questo genera sfiducia, oltre a indebolire la società nel dispiegarsi delle sue potenzialità e a disorientarla riguardo al concreto esercizio dei diritti”.

LA STOCCATA ALLA DANIMARCA. Solidarietà e accoglienza sono due temi cari al presidente della Repubblica, che nel suo intervento non nasconde l’amarezza e la contrarietà nei confronti della proposta del governo della Danimarca di sequestrare i beni dei profughi per ripagare le spese di accoglienza. “A fronte dei tanti bambini morti in mare, giorno dopo giorno, assume un sapore crudelmente beffardo ferire la dignità stessa dei migranti – attacca Mattarella – prevedendo addirittura di spogliarsi dei beni che sono riusciti a salvare nella fuga dalle tribolazioni nei paesi natali, come su propone di fare un paese dell’Unione. Una misura che riconduce alla memoria i momenti più oscuri dell’Europa”.

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